Mafia capitale, «Per la mia villa a Sacrofano, Carminati mi diede 150mila euro in contanti»

Mafia capitale, «Per la mia villa a Sacrofano, Carminati mi diede 150mila euro in contanti»
di Adelaide Pierucci
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Mercoledì 27 Aprile 2016, 08:34 - Ultimo aggiornamento: 28 Aprile, 15:00


«Non conoscevo Carminati, non sapevo chi fosse ma quando ho visto il video dell'arresto, con la Smart, sulla salita di quella che era stata casa mia, a quel punto, ho ricostruito tante cose. Da due anni che tremo come una foglia». Protagonista della cinquantottesima udienza del maxiprocesso a Mafia Capitale è stata una teste dell'accusa, Cristina De Cataldo, chiamata a ricostruire dai pm Luca Tescaroli e dall'aggiunto Paolo Ielo la vendita a Massimo Carminati della sua villa a Sacrofano, in via Monte Cappelletto, la stradina di campagna dove ”il Pirata” è stato bloccato, nel dicembre 2014, dai carabinieri del Ros che lo hanno costretto ad uscire a mani alzate dalla sua Smart. Una villa di trecento metri quadri, con seminterrato, e tre ettari di terreno nel Parco di Vejo, venduta all'ex Nar, ma intestata alla compagna Alessia Marini, con l'intermediazione di Agostino Gaglianone, anche lui sotto accusa, e dell'agente immobiliare Giovanni Petrocco. Cinquecentomila euro il prezzo pattuito, con un anticipo di 20mila in contanti, e due tranche di 30mila e 100mila, sempre in nero, alla firma del rogito nel maggio 2014.

LA TESTIMONIANZA
«Conoscevo Gaglianone perché era stato lui con la sua Imeg a costruire nel 1999 la casa. Dopo la separazione da mio marito, avevo deciso di spostarmi a Roma, con due bambini piccoli vivere lì era pesante. Gaglianone mi aveva consigliato di rivolgermi a Petrocco. In seguito mi ha parlato di una coppia di amici interessati ad acquistare». Inizialmente De Cataldo ha chiesto 600mila euro ma poi la donna ha ricevuto ”un'irrifiutabile” proposta a 500mila. «Dicevano che c'erano 100mila euro di lavori da fare». «Ho firmato a malincuore», ha aggiunto la testimone, «solo dopo Petrocco mi ha detto che metà soldi sarebbe arrivata in contanti. Ho iniziato a lamentarmi, volevo incontrare gli acquirenti. Ho ottenuto l'appuntamento all'agenzia di Petrocco. Poi si è presentato il compagno della donna che si sarebbe intestata la casa. Si è presentato come Massimo, aveva degli occhiali e una benda color carne sull'occhio. È stato gentile. Ho cercato di sottrarmi, non volevo tutti quei contanti. Hanno iniziato a infervorarsi. L'unico che rimaneva molto calmo era questo signor Massimo. Sono stata pressata, ho intuito che non avevo scelta, ho chiuso a 150 in contanti».
 
LA COMPRAVENDITA
«I primi ventimila me li portò Petrocco a Prima Porta, tutti pezzi da cinquecento di cui mi lamentai», ha precisato la testimone. «Non ci sono state minacce» ha ripetuto poi più volte De Cataldo «ma l'atmosfera era pesante». Ma se in aula non si parla di intimidazioni, nelle carte dell'inchiesta Carminati, intercettato, va giù duro, si lamenta del mancato rispetto dei termini stabiliti per la compravendita, dopo l'anticipo. «Ma forse non ha capito chi sono io, io lo sa che gli faccio?» dice rivolgendosi a Gaglianone, in un'ambientale del marzo 2014 «Lo sai che gli faccio io, gli piglio i figli stasera a Vigna Clara, gli piglio i ragazzini a Vigna Clara, che tanto stanno tutti e due al baretto, lo sai che gli faccio? Gli mando i ragazzini lì di zona, gli faccio fa...Stasera li mando a casa così! Come zamponi capito!».
 

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