Mafia, la banda si spaventa l'inchiesta su Expo fa saltare gli accordi

Mafia, la banda si spaventa l'inchiesta su Expo fa saltare gli accordi
di Claudia Guasco
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Martedì 9 Dicembre 2014, 05:53 - Ultimo aggiornamento: 17:07
È il filo rosso che lega gli appalti milionari del Nord al malleabile Mondo di mezzo. Una saldatura nella quale l'Expo non è semplicemente un progetto da 55 milioni di euro (solo per le fondamenta), ma anche un grande esempio.






Soprattutto per chi si muove nel multiforme mondo dei subappalti come Luca Odevaine, membro del tavolo nazionale per i rifugiati. Che dopo il terremoto degli arresti per gli appalti dell'esposizione universale si accorge che la musica è diversa: le presunte ”stecche” cambiano tragitto e anziché arrivare attraverso sovrafatturazioni con le sue società sudamericane, gli vengono consegnate in contanti. Il timore di chi paga è che possa accadere ciò che è avvenuto con l'Expo: «Frigerio si è preso i soldi e il contratto l'hanno dato a un altro».



«COME LI GIUSTIFICHIAMO?» Da Expo a Mafia Capitale il tragitto è breve, come dimostrano i mutati accordi che intercorrono tra Odevaine e Salvatore Menolascina, consigliere della cooperativa di lavoro La Cascina che si occupa della gestione del centro immigrati di Mineo. La «consistenza economica» rimane la stessa, ma viene preteso «un modo diverso per garantire la dazione». In una telefonata del 15 maggio scorso Odevaine si sfoga con un suo dipendente: «Una sconfitta su tutta la linea... cioè nel senso che loro adesso con questa cosa dell'Expo stanno...». In sostanza «li hanno mazzolati, non gli hanno dato il contratto, l'hanno dato a un altro perché Frigerio», l'ex storico Dc Gianstefano, esponente della cupola degli appalti, «si è preso i soldi da questi e il contratto l'hanno dato a un altro». La Cascina, stando a quanto dice lo stesso Odevaine, gli deve versare tra gli 80 e i 100 mila euro e il pagamento avverrà in contanti, non più con un giro di fatture all'estero. Il collaboratore capisce al volo: «Sarà un bordello». Come sintetizza Odevaine: «Perché come ca..o se giustifichiamo? Un ca..o facciamo. Gli ho chiesto: ”Dico, non me puoi pagà almeno una fattura direttamente?”. Ha detto ”no, no”».



MANUTENCOOP Tra l'altro, nel giro dei potenziali soci che Odevaine contatta per un imponente progetto nel settore della sanità, c'è proprio un colosso delle costruzione uscito ammaccato dall'inchiesta Expo. È Manutencoop, cooperativa rossa da un milione di fatturato, il cui presidente Claudio Levorato è finito in cella per turbativa d'asta. Il piano è ambizioso e prevede la creazione di una «global service» sulle strutture sanitarie del Lazio, «na roba gossa, stiamo parlando di una roba che vale un miliardo e 300/400 milioni, divisa in otto lotti» e l'obiettivo di Odevaine è coinvolgere Manutencoop «perché sanno che c'ho delle relazioni, sanno che lavoravo con Zingaretti».



La mediazione della gara è nelle mani di Maurizio Venafro, al quale l'esponente del tavolo per i rifugiati conta di arrivare con la mediazione di Goffredo Bettini, oggi eurodeputato del Pd: «La chiave è Goffredo, io con Goffredo non ho problemi a parlarci». Odevaine incontra Fabio Bellomo della Manutencoop e gli propone di lanciarsi nell'avventura con un terzo partner, che «più che un nome è un sistema... Comunione e liberazione, quindi Compagnia delle opere». Bellomo gli fa notare che Manutencoop è una cooperativa rossa. «Certo! - è la replica - non è male se si mettono insieme soggetti diversi». Un sistema a maglie larghe che, nell'ottica di Odevaine, mette d'accordo tutti. «C'è un interesse da parte del Pd a tenere un rapporto con Cl, perché stanno lavorando insieme no? Alfano, Lupi... loro li sostengono mo'... questo può essere uno strumento anche per sostenere il partito su cui si stanno impegnando fortemente. Nicola deve a loro molto, nel senso che l'hanno sostenuto e ancora non è tornato indietro niente... per questo sono in grado di chiedere».



L'OMBRA DEL MOSE E tra i personaggi che ruotano attorno al mondo di Odevaine c'è anche l'imprenditore Erasmo Cinque, che partecipa a un incontro con «Testa, Gramazio e Giovanni Quarzo». La sua Socostramo avrebbe ottenuto una fetta del maxi appalto per la bonifica del porto di Marghera grazie all'intervento dell'ex ministro dell'ambiente Altero Matteoli.