Mafia capitale, terza tranche dell'inchiesta: 28 a rischio processo

Mafia capitale, terza tranche dell'inchiesta: 28 a rischio processo
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Venerdì 1 Luglio 2016, 13:14 - Ultimo aggiornamento: 2 Luglio, 09:27

Mafia Capitale atto terzo. La maxinchiesta della Procura di Roma che ha terremotato i palazzi della politica all'ombra del Campidoglio chiude la sua terza tranche nella quale sono coinvolte 28 persone che ora rischiano di finire sotto processo. Il filo rosso delle indagini coordinate dai pm di piazzale Clodio riporta sotto la lente vecchie conoscenze della vicenda giudiziaria come Salvatore Buzzi, vero 'deus ex machinà delle coop, e Luca Odevaine, ex braccio destro di Veltroni quando era sindaco di Roma e componente del tavolo sull'immigrazione.

Ma l'attività degli inquirenti ha acceso un faro anche su nuovi indagati: esponenti politici, amministratori locali e funzionari pubblici. In particolare ad essere raggiunti dall'atto di chiusura delle indagini anche l'ex capogruppo del Pd in consiglio comunale a Roma Francesco D'Ausilio e il suo omologo al Consiglio regionale Marco Vincenzi. Ed è subito polemica politica con l'attacco del M5s del Lazio che tuona «ora ci aspettiamo da Zingaretti e dalla sua maggioranza il primo atto di responsabilità di questa legislatura rassegni le dimissioni e convochi i comizi elettorali». E così come per la prima clamorosa operazione, nel dicembre del 2014 che portò all'arresto di oltre trenta persone tra cui il presunto capo del clan, Massimo Carminati, e al secondo atto, nel giugno del 2015, che vide finire in carcere altre 44 persone, anche questa terza tranche ha nella corruzione il suo comune denominatore. Secondo la procura favori, mazzette, interessi illeciti: nuovi episodi avvenuti in un lasso di tempo che va dal 2011 al novembre del 2014. Centro nevralgico del malaffare, secondo l'accusa, l'universo Buzzi e le sue cooperative.

D'Ausilio è accusato di corruzione. A lui vengono contestati un serie di presunti episodi illeciti. In particolare i pm di piazzale Clodio sostengono che l'esponente del Pd, in concorso con il suo ex capo staff segreteria, Calogero Salvatore Nucera, avrebbero ricevuto «la promessa di corresponsione di una porzione della somma di 130 mila euro (almeno 50.000,00 euro) - è detto nel provvedimento -, da parte di Buzzi, per compiere atti contrari ai doveri del proprio ufficio, consistenti nell'approvazione della liquidazione dei debiti fuori bilancio del comune di Roma Capitale, approvati con delibera dell'assemblea capitolina il 30 ottobre 2014».

D'Ausilio, inoltre, «nella sua qualità di componente del consiglio comunale capogruppo del Pd, dunque pubblico ufficiale», Nucera, nella sua qualità di capo staff, «per porre la loro funzione al servizio dei soggetti economici riconducibili al gruppo di Buzzi», si sarebbero adoperati per «facilitare sul piano politico-istituzionale l'aggiudicazione delle procedure negoziate indette dal Dipartimento Tutela Ambiente del comune di Roma Capitale» per una serie di lotti ricevendo «la promessa di corresponsione del 5% del valore economico dei 50% dei lotti assegnati», nonché un somma in denaro di 12.240,00 euro. Stesso percorso sembra aver compiuto il consigliere regionale Vincenzi che si sarebbe speso in prima persona per favorire le coop di Buzzi.

All'esponente del Partito democratico, i pm contestano di aver presentato, nella sua attività di consigliere regionale, due emendamenti ad una proposta di legge poi effettivamente accolti e «finalizzati a mettere a disposizione direttamente ai Municipi e ai Comuni i fondi erogati dalla Regione (1.200.000 euro)» creando, in questo modo, «le premesse per consentire a Buzzi» e alle sue cooperative di «superare le difficoltà per accaparrarsi le risorse economiche».

Una presunta attività illecita per la quale Vincenzi, secondo quanto accertato dagli inquirenti, avrebbe ottenuto in cambio del suo interessamento - «un contributo di 10.000 euro (materialmente erogato il 5 giugno da 29 Giugno Onlus) per le spese della campagna elettorale» per il candidato del Pd a sindaco di Tivoli nel 2014. Tutte accuse respinte dal diretto interessato, che si è dimesso da presidente della commissione bilancio della Regione e autosospeso dal Pd. «Dimostrerò mia innocenza», dice Marco Vincenzi.

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