Legalità violata/Un servizio pubblico sospeso per 6 giorni e nessuno interviene

di Paolo Graldi
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Martedì 21 Febbraio 2017, 00:05
Cinque giorni di totale assenza di un servizio pubblico che ha prodotto un dilagante disagio e messo in atto una protesta nella quale non sono mancati episodi di violenza verbale (e non solo), di minacce a chi voleva sottrarsi al diktat della multiforme galassia sindacale, soprusi a un diritto che si è calpestato in nome di un presunto diritto violato attraverso un emendamento infilato nottetempo nel decreto Milleproroghe.

Così la questione delle auto bianche, la annosa querelle tra titolari di licenze di auto pubbliche versus il “noleggio con conducente” e soprattutto contro la app Uber (in funzione in tanti stati del mondo) ha paralizzato un servizio a fronte del quale si è alzato un muro di imbarazzato silenzio delle autorità, dalla autorità che vigila sulla regolarità degli scioperi, ai prefetti, ai questori, ai sindaci. Le manifestazioni di piazza, i cortei, i sit-in davanti ai palazzi delle massime istituzioni sono diventati un unico scenario per quasi una settimana perché nessuno è stato capace, a fronte di una lenta e quasi pigra convocazione delle parti al ministero dei Trasporti di chiedere con voce ferma una moratoria allo sciopero, un fermo immagine in attesa di allestire un tavolo per affrontare in qualche modo una controversia che si trascina da anni e sulla quale, adesso, i taxisti hanno qualche ragione di sentirsi traditi e maltrattati. 

Si teme, sempre per oggi, che la rabbia dei drivers pubblici sfoci in una ulteriore e massiccia prova di forza, quasi che sia necessario mettere in campo una pressione fisica per dar peso agli argomenti delle parti. La speranza di tutti è che la rabbia sia riposta nei bagagliai e prevalga, sia pure con colpevole ritardo, un senso civico e civile del confronto, lasciando che sia il peso degli argomenti e delle soluzioni a dirigere le operazioni verso la soluzione del problema. Ancora una volta, come tante altre volte per altri settori in crisi, si è aspettato che il bubbone scoppiasse, che fosse la piazza a dare le carte e non il confronto costruttivo e ragionevole. Il governo non ne esce bene. Si può discutere sulla scelta di introdurre nel Milleproroghe il differimento della soluzione del caso Uber, quel che è certamente sbagliato da parte del mondo dei taxisti è la forma di protesta adottata e del governo di aspettare giorni e giorni prima di far sentire la propria voce.

Si è creato un cul de sac sgradevole, incandescente comunque lo si voglia guardare: una categoria che si sente sfruttata, presa per il collo dalle tasse e dal mercato nero delle costosissime licenze (bubbone nel bubbone) e aggirata da una concorrenza libera di agire nel mercato, quasi fuori da ogni controllo anche fiscale e dall’altra parte la cittadinanza privata di un servizio essenziale che va direttamente ad impattare sull’economia, penalizzando il turismo e, quel che è peggio, fornendo del paese una immagine di losca inaffidabilità, un paese dove tutto è possibile e anche la legittima, sacrosanta, agitazione sindacale assume gli aspetti di una guerra dai vaghi contorni, sia pure limitatamente ad alcuni episodi, vagamente arroganti. 

Si è aspettato che una mossa furbesca, secondo i tassisti, risolvesse il problema rilanciando in avanti la soluzione del problema e invece ci si è infilati in una controversia ancora più aspra e dannosa per tutti. Il bisogno di regole, sempre tanto invocate e declamate e troppo spesso lasciate sulla carta come inutile testimonianza di buona volontà, necessita ora di uno scatto deciso, quasi perentorio: oggi lo sciopero deve cessare, il servizio pubblico dei taxi riprendere, i cittadini assecondati nel loro diritto. E i tassisti ascoltati con attenzione sulle ragioni della loro rabbia, ma senza forzature o ricatti di fermare i motori. 

Il dramma di questi giorni, e non è il primo su questo fronte, rappresenta un segnale preciso di uno scollamento pericoloso nella società, là dove il dialogo non ha ascolto da tutte le parti s’insinua il virus della bagarre alla Masaniello dove l’argomento più speso è quello di agitare lo spettro del caos. La prova di oggi non riguarda soltanto il tavolo di una cruda vertenza sindacale di categoria: è una prova di civiltà dei rapporti e di senso di responsabilità verso la comunità intera. Oltre c’è solo rumore dannoso e inutile.
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