Roma, la collezione di giocattoli antichi più grande d'Europa chiusa nei depositi

Roma, la collezione di giocattoli antichi più grande d'Europa chiusa nei depositi
di Laura Larcan
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Sabato 30 Dicembre 2017, 11:06 - Ultimo aggiornamento: 5 Gennaio, 18:17

Un mondo fantastico chiuso in un magazzino sulla via Ostiense, in attesa ormai da dodici anni di una propria casa. Una vera casa di bambola, verrebbe da dire, con buona pace di Henrik Ibsen. I bambini sognerebbero ad occhi aperti. Decine e decine di casette in legno che sembrano rubate ad un film della Disney, centinaia di bambole impreziosite da abiti e accessori per tutte le occasioni, e ancora teatrini di marionette per mettere in scena mirabolanti avventure, aerei e trenini (funzionanti) pronti a partire per viaggi immaginari, e macchine, animali in miniatura, soldati che riempirebbero i sogni di chi ama ancora giocare col cuore e l'anima.

Sono circa 11 mila pezzi per 34mila componenti, una cifra impressionante per quella che viene stimata come la più grande collezione di giocattoli d'Europa. Acquistata nel 2005 dalla giunta guidata dall'allora sindaco Walter Veltroni per 5 milioni e 400 mila euro, doveva animare il Museo del giocattolo del Comune di Roma, destinato a sorgere, così era il progetto capitolino, nelle antiche scuderie reali di Villa Ada che per l'occasione sarebbero state completamente ristrutturate. Ma quella dei giocattoli romani è di fatto la storia di un tesoro senza fissa dimora.
 

 


Le scuderie di Villa Ada languono in uno stato di impietoso degrado occasionalmente occupate e massacrate da sbandati. E i balocchi (che farebbero intenerire il cuore anche a Lucignolo) restano chiusi e inaccessibili in un deposito del Complesso Monumentale della Centrale Montemartini. Nessuno spazio, progetto sfumato. Da dove arrivano i tesori? Da Stoccolma, passando per Perugia. Li aveva collezionati un antiquario, Peter Pluntky, per costruire il suo Museo del giocattolo nella capitale svedese (chiuso nel 1991). Il tutto verrà poi rilevato nel 1999 dalla società perugina Leonardo Servadio, fino all'acquisto di Veltroni.

La maggior parte degli oggetti risale agli anni tra il 1860 ed il 1930 ma vi sono pezzi più antichi, risalenti al XIII-XV secolo, come due bambole di stoffa di cultura preincaica. Più della metà dei giocattoli sono di fabbricazione tedesca, un quarto di produzione svedese, il resto si divide tra manifattura francese, italiana, inglese e americana. Nel deposito sono custoditi, tra gli altri, 43 case di bambola, 100 giochi da tavolo, 92 giochi da costruzione, 300 automi, giochi da luna park, fotografie ed una biblioteca di 3000 volumi (tra i quali spunta persino un libro razzista scritto da una tedesca durante il nazismo). Mentre bambole e burattini restano imballati, ottanta pezzi selezionatissimi sono volati al Museo del Palazzo Pretorio di Pontedera (Pisa) per la mostra La Trottola e il Robot, tra Balla, Casorati e Capogrossi, curata da Daniela Fonti. È stata questa rassegna a riportare l'attenzione sulla storia dei giocattoli di Roma senza casa, e senza futuro.
Visitabile fino al 22 aprile.

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