Omicidio Prati, il ritratto del killer: l'ex fidanzata stroncata dall'eroina, così è precipitato all'inferno

Omicidio Prati, il ritratto del killer: l'ex fidanzata stroncata dall'eroina, così è precipitato all'inferno
di Lorenzo De Cicco e Alessia Marani
3 Minuti di Lettura
Martedì 21 Luglio 2015, 05:54 - Ultimo aggiornamento: 08:56
Aveva 24 anni Ludovico Caiazza quando i carabinieri del comando provinciale di Latina, nel 2007, lo fermarono in auto a Formia con 3 grammi di eroina. Era in compagnia della fidanzata di allora, Elisabetta Forcina, 26 anni, un mese dopo stroncata da un'overdose mentre era ai domiciliari. Per gli inquirenti si aprì la strada a una maxi-operazione antidroga battezzata «Forcella formiana»: trenta persone indagate, di cui dieci finite dietro le sbarre. Caiazza venne prelevato dalla Comunità di San Patrignano, dove aveva iniziato un fallimentare percorso di liberazione dalla tossicodipenza, e rinchiuso nel carcere di Rimini. Fiumi di eroina e cocaina, secondo la Procura, venivano trasportati con viaggi quasi quotidiani dai «corrieri» pontini dal quartiere Forcella di Napoli sulle belle spiagge del Golfo di Gaeta e sull'isola di Ponza. Per Caiazza le porte del carcere sono un baratro.

Classe 1983, il suo curriculum criminale oltre alla droga annovera precedenti per furto ed estorsione, la resistenza e le lesioni a un poliziotto che tentò di investire con lo scooter per le vie della città nel 2005, nonché l'accusa, condivisa col fratello e un amico, di avere stuprato una studentessa a Cassino, fattaccio da cui i tre uscirono assolti. Ma è soprattutto la morte dell'ex fidanzata Elisabetta a segnarlo profondamente.



NUOVA VITA



Caiazza, però, tenta di rifarsi una vita. Nel 2010 approda nella Capitale, conosce l'attuale compagna, Ilaria, coetanea, commessa di un grande magazzino in zona Prati, proprio a due passi dalla gioielleria che mercoledì scorso Ludovico ha rapinato ammazzando l'orafo Giancarlo Nocchia.

A Roma, Caiazza si trasferisce a casa della fidanzata. L'appartamentino di via Scarpanto, tra le periferie popolari di Val Melaina e il Tufello, con davanti alla porta il tappetino con la scritta “I love my home” doveva essere il loro nido, ma non è bastato a tenerlo lontano dalla vita spericolata e dalla galera. Fino a uccidere, fino a morire.

Nel 2014 un nuovo lutto, una nuova ferita che brucia e che riempie di nero la testa e i pensieri: muore la sorella malata da tempo. Proprio mentre il giovane napoletano era finito in affidamento in prova dopo l'ennesimo arresto per droga. Un altro lutto, un colpo da kappaò quando Ludovico provava a curarsi al Sert, il servizio per tossicodipendenti.



IN CURVA

A tenerlo in vita c'era la sua grande passione, il Napoli. Quando poteva Caiazza era sugli spalti del San Paolo, tra gli ultrà della Curva B. Ma era anche sulle gradinate dell'Olimpico il 3 maggio 2014, quando fuori dallo stadio venne ammazzato il tifoso azzurro Ciro Esposito durante la finale di Coppa Italia. Caiazza sul suo profilo Facebook, dove appare con il nick “Santo subito”, pubblica le foto coi manifesti di solidarietà all'ultrà ucciso, ma anche a Stefano Cucchi.

A Roma invece Caiazza lascia poche tracce. Al Tufello, estrema periferia Nord della Capitale, lo conoscono in pochi. Ieri tutti prendevano le distanze. «La prima cosa che ti insegnano sulla strada - racconta Ale, che tra i palazzi Ater di Val Melaina è nato e cresciuto - è che non si fanno mai le rapine ai gioiellieri e ai cinesi. Rischi troppo, sono armati».



IL COMPRENSORIO

Il comprensorio di via Scarpanto è come un piccolo paese e qualcuno sostiene che nelle ultime due settimane sia stato ospite in via Tonale, non distante. «Ludovico ha vissuto in questo lotto per poco tempo, da un paio di mesi non lo vedevamo più - dice un condomino - so che era tornato a Formia dove risiede la famiglia». Una famiglia sconvolta, che ieri si è detta «addolorata e incredula per quello che Ludovico ha fatto». Per i parenti del gioielliere ucciso invece, Ludovico Caiazza non è che «una bestia».