L'opera di Kentridge illumina il Natale di Roma

L'opera di Kentridge illumina il Natale di Roma
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Giovedì 21 Aprile 2016, 22:04 - Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 00:07

L'urlo di Remo ucciso per mano di suo fratello Romolo e la forza di Ercole che vince su Caco. La Vittoria alata che si spezza e l'effige di Garibaldi che unì l'Italia. La bandiera della Croce Rossa e la Dolce Vita di Marcello Mastroianni che bacia Anita Ekberg. Tra la kora africana e l'irruenza della zampogna, i ritmi caldi delle danze del sud d'Italia e l'inno di battaglia dei guerrieri Zulu, eccolo il «Triumphs and Laments» di William Kentridge. Un regalo, ancor più che un «progetto per Roma, come recita il sottotitolo, che l'artista sudafricano celebrato in tutto il mondo ha immaginato, pensato e finalmente, dopo tre anni di lungaggini burocratiche, donato alla città Caput mundi proprio nel giorno del suo Natale.

Un'imponente opera sui muraglioni del Tevere, probabilmente la più ambiziosa della sua carriera con un fregio lungo 550 metri tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini, per raccontare la grande storia di Roma con 80 figure alte fino a 10 metri, che emergono come grandi ombre danzanti, senza colori né vernici, ma solo grazie a una tecnica di pulitura dello sporco accumulato negli anni sul travertino bianco. Quasi una pittura per svelamento, a liberare quegli eroi, fasti o nefasti, che oggi ci accorgiamo essere sempre stati stati lì, a osservare, combattere e palpitare, secolo dopo secolo.

Promossa dall'Associazione Tevereterno, realizzata interamente con fondi privati, l'opera durerà al massimo 3-4 anni, fino a quando la patina di sporco tornerà a riempire gli spazi bianchi. Ma questa sera erano a centinaia e centinaia i romani e turisti radunati al tramonto, chi sulla banchina, chi sui ponti o sul Lungotevere, per assistere al debutto ufficiale, con le due processioni musicali, ideate dallo stesso Kentridge, su musiche originali del compositore sud africano Philip Miller e Thuthuka Sibili. In scena più di 100 musicisti e comparse, che in un gioco di ombre e richiami portano gli stencil che hanno dato forma agli stessi personaggi del racconto.

Tra i flash dei telefonini, da Ponte Sisto parte la processione dei Trionfi, da Ponte Mazzini quella dei Lamenti. In molti sono qui per «vedere Kentridge» (in questi giorni a Roma il Maxxi ospita il focus About William Kentridge e il Macro la mostra Triumphs and Laments: a project for Rome). Ma in tanti, fette di pizza in mano, sono capitati qui seguendo la folla. Ombre su ombre, le processioni raccontano la storia millenaria della città e, proprio lì dove l'oro di S. Pietro si specchia nella «vergogna» del ghetto ebraico, si riconoscono molti dei suoi protagonisti, da Aldo Moro a Pasolini.

«Chissà se c'è pure Totti», dice un ragazzo stringendo la fidanzata. Poi si cambia ritmo ed ecco che le parole del poeta Rainer Maria Rilke diventano una musica di esodo, tragedia, speranza. E le voci soliste di Lavinia Mancusi, Anna Masina, Joanna Dudley, Patrizia Rotonda e Bham Ntabeni, sembrano emergere dal passato, in un botta e risposta tra una canzone Mandinka degli schiavi dall'Africa occidentale e i richiami rinascimentali di Salomone Rossi. Perché come dice Rilke «questa è la nostalgia: vivere nella piena e non avere patria dentro al tempo». Grandi applausi della folla. Venerdì si replica, alle 20.30 e alle 22.30. 

 

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