Roma, gli "invisibili" di Corso Italia con il letto nei sottopassi

Roma, gli "invisibili" di Corso Italia con il letto nei sottopassi
di Maria Lombardi
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Ottobre 2016, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 27 Ottobre, 08:35

Una sigaretta accesa si consuma nell'oscurità. C'è qualcuno laggiù dove è tutto nero e anche il giorno è notte. Un uomo su un materasso si copre gli occhi con le mani per guardare verso le scale, fa male la luce che arriva da sopra. Nella vita di sotto non c'è, da lassù arriva solo il rumore delle macchine. «Non lo sento più», e nemmeno il freddo e il caldo, la puzza. Lui è un marocchino, ha 38 anni, è in Italia dal 2006. «Qui stiamo in cinque», nel tunnel dormitorio in pieno centro, nel ghetto dei clochard all'incrocio tra Corso d'Italia e via Valenziani. È il suo turno, fa la guardia ai materassi, alle borse di plastica e alle coperte, ai cartoni di vino vuoti, quello spazio dove l'aria non si muove è conteso e non si può rischiare di perderlo. Se altri occupano quell'angolo puzzolente lui deve cercarne un altro. «Prima vivevo a Reggio Emilia, lì una casa l'avevo. Poi sono venuto a Roma e sto in strada. Ma io lavoro, al parcheggio di sopra», a piazza Fiume. «Mando i soldi alla mia famiglia, in Marocco ho una moglie e una figlia. Sabato e domenica guadagno bene, anche 50 euro. Gli altri giorni no». Lui se ne sta sempre sdraiato, accanto ad altri materassi, alle cassette di plastica che fanno da comodini. C'è una bottiglia per l'olio e un barattolo di ketchup. «Ma qui non cuciniamo mai e non accendiamo il fuoco. Troppo pericolo».

 
IL ROGO
Tre anni fa, era il gennaio 2013, due somali sono morti bruciati lì vicino, un rogo in un altro tunnel dei dimenticati. Avevano acceso un fuoco con i cartoni per scaldarsi, sui gradini del sottoscala dell'uscita di emergenza che porta fuori dal sottopasso. Adesso chi vive laggiù lo sa, il fuoco non si accende.
Chi passa accanto agli ingressi delle gallerie, su Corso d'Italia, si copre naso e bocca con le mani. La puzza non si può sopportare. Un bambino si ferma a curiosare e la mamma lo trascina via. «È una vergogna, non è possibile che in un quartiere così ci sia questo degrado. Noi protestiamo da anni ma niente è cambiato. E adesso siamo proprio stanchi, con questo schifo non si può convivere». Lungo i gradini che portano laggiù rifiuti che nessuno tocca da chissà quanto. Alla fine della rampa su via Piave c'è un piumone arrotolato e lurido, la galleria chiusa dalle inferriate è un gigantesco cassonetto dove finisce di tutto. Qualcuno dorme anche in strada, sulle grate sopra le galleria. Ci sono i cartoni che la notte diventano letti, i giacconi raccolti, le scarpe.

I BLITZ
Una donna con un libro sulle gambe ha sistemato il materasso vicino alle scale, arriva più luce lì. Legge nel tunnel di largo del Brasile, di fronte a via Veneto. Ha un piatto accanto, un pò gira le pagine e un po' mangia. Una rosa rossa in una bottiglia di vetro, così sembra un poco meno inferno. Ci sono le valigie, le cassette per sistemare la roba, sui gradini le taniche d'acqua, le stoviglie. E più in là materassi, piumoni e vestiti. Tornano sempre lì, l'ultimo sgombero è di qualche mese fa, a luglio. Blitz dei vigili urbani nei sottopassi di Corso Italia, spariscono le favelas sotterranee a due passi da via Veneto. L'ultima volta sono stati contati una ventina di giacigli e insieme ai letti improvvisati sono stati portati via cumuli di rifiuti. Tunnel liberi e puliti ma solo per qualche giorno. Poi di nuovo materassi, cartoni di vino e taniche d'acqua.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(5-continua)

© RIPRODUZIONE RISERVATA