Roma, «È bronchite», ma era infarto: dimesso dal pronto soccorso muore a casa

Roma, «È bronchite», ma era infarto: dimesso dal pronto soccorso muore a casa
di Michela Allegri
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Martedì 3 Ottobre 2017, 07:59 - Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre, 08:00
È andato al pronto soccorso perché aveva forti dolori al petto, febbre e una strana tosse. Giovanni, cardiopatico con cinque bypass già impiantati, voleva essere sicuro di non stare rischiando la vita. In effetti, aveva un infarto in corso, ma il medico di turno nel pronto soccorso dell'ospedale Palestrina-Zagarolo gli ha diagnosticato una bronchite acuta, da curare con un antibiotico. Ora, il medico è a un passo dal banco degli imputati per omicidio colposo. Il pubblico ministero Gabriele Iuzzolino, della procura di Tivoli, ha chiesto il rinvio a giudizio del camice bianco. Giovanni, infatti, rinfrancato per la diagnosi, era tornato a casa. Ma poche ore dopo era morto, stroncato da un'ischemia acuta. Un decesso che, per gli inquirenti, si sarebbe potuto evitare.

LA VISITA
È successo il primo giugno dello scorso anno. Alle 21 Giovanni arriva al pronto soccorso. Sta male, dice di avere febbre, tosse e dolori al petto. È preoccupato: è cardiopatico da anni, ha già subìto diverse operazioni e teme di avere un problema serio al cuore. Un'ora dopo, l'uomo viene sottoposto a un elettrocardiogramma che viene refertato in cartella clinica come «anormale».
Il medico di turno, però, formula una diagnosi «di bronchite acuta da trattare con terapia antibiotica», si legge nel capo d'imputazione. Una diagnosi che la procura definisce «errata» e che avrebbe provocato il decesso del degente. Per gli inquirenti, il camice bianco avrebbe «escluso l'esistenza di un evento ischemico acuto a carico del cuore e omesso di fare eseguire al paziente un controllo specialistico cardiologico e un esame ecocardiografico». La condotta del sanitario sarebbe stata in contrasto «sia con i dati anamnestici» riportati nella cartella clinica (soggetto portatore di cinque bypass cardiaci), sia «con la sintomatologia riferita» (tosse, febbre, dolore toracico in cardiopatico), sia con i risultati dell'elettrocardiogramma effettuato poco prima. Il medico avrebbe infatti riferito a Giovanni la «diagnosi errata» di bronchite acuta da trattare con una semplice terapia antibiotica: «Somministrazione di Ciproxin 500». In questo modo, per l'accusa, avrebbe indotto il malato a «sottovalutare il rischio, rifiutare l'attesa per la ripetizione degli enzimi cardiaci e ad allontanarsi volontariamente dal pronto soccorso», si legge negli atti del pm. Gli inquirenti sostengono che il dottore, «per imprudenza, negligenza e imperizia e con plurime condotte omissive», avrebbe provocato la morte del paziente.

L'UDIENZA
Ora, dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla procura, la decisione passa nelle mani del gup. Il giudice si esprimerà nel corso dell'udienza preliminare fissata il 17 novembre.
Esprime soddisfazione per la scelta dei magistrati l'avvocato Eugenio Pini, che assiste i familiari della vittima. «Il cadavere della vittima stava per essere cremato, ancora prima degli accertamenti autoptici. C'era il rischio di vanificare le indagini. Ho avanzato una richiesta di sospensione momentanea della cremazione e di effettuazione dell'autopsia - ha dichiarato il penalista - Ho apprezzato la rapidità della Procura nel determinarsi e nell'eseguire tutti gli accertamenti richiesti».