Picco di allarmi: 130 nella Capitale/ Dietro gli incendi c’è anche l’idiozia, evitiamo di ripetere ancora: «Mai più»

di Paolo Graldi
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Martedì 20 Giugno 2017, 00:36
Tempo d’estate, tempo d’incendi: in poche ore in vaste zone della capitale si lotta contro il divampare delle fiamme. Il vento rovente, le sterpaglie rinsecchite, aree abbandonate al degrado si sommano a gesti sconsiderati. Gesti sconsiderati di qualche piromane più o meno involontario. Ed ecco che il disastro dal piccolo focolaio divampa, si allarga, si dispiega formando fronti di fuoco sempre più invasivi, minacciosi, incontrollabili. 

Già domenica, nel caldo torrido caratterizzato dallo scirocco, sono arrivate le prime avvisaglie: incendi a Castelfranco, sul litorale, vicino alla Colombo, in alcuni parchi; ieri verso i Castelli, lambite le rotaie della ferrovia, a Casetta Mattei cento persone evacuate. 
Si alzano i Canadair, i Vigili del fuoco impegnati su tutti i fronti stentano a rispondere alle emergenze provenienti da ogni lato della città metropoli. Siamo alla vergognosa ripetizione di un copione infinito, scritto e rinnovato dalla incuria e dalla incoscienza ma anche dalla incapacità cronica di fronteggiare un fenomeno che, almeno nel passato, si è manifestato utilizzando perfino la interessata complicità di chi, come uomini del Corpo Forestale (oggi confluiti nell’Arma dei carabinieri) hanno appiccato incendi per poi correre a spegnerli, rinnovando contratti e prebende.

Ogni estate il pericolo delle fiamme dilaganti incombe su intere zone della città, fin verso il mare. Già adesso, come nel passato, si registrano i primi arresti. Si tratta di incoscienti o di delinquenti ambientali che s’aggirano per boscaglie e pinete con l’idea folle di giocare agli incendiari.
L’altro ieri un marocchino era talmente intento a radunare legname secco acceso che neppure si è accorto dell’arrivo della polizia: arrestato in flagranza per incendio doloso, sarà processato, forse tornerà presto libero. Le raccomandazioni a vigilare sulla congiuntura meteo che mette insieme alte temperature, siccità prolungata e vento caldo, una miscela davvero esplosiva, si sprecano e tuttavia si moltiplicano gli esempi di una diffusa incapacità di applicare anche le più elementari regole di sicurezza. 

Anche dall’estero (Portogallo) ci giungono severissimi moniti a prendere sul serio la imponente sequenza di pericoli legati al dilagare del fuoco, agli incendi che divorano interi territori. A Pedrogao Grande, nel centro del Portogallo, si stanno vivendo ore drammatiche: 61 morti, alcuni sono bambini, intrappolati nelle macchine, asfissiati dall’invincibile nube di fumo. Da Ciampino, per solidarietà internazionale sono partiti due Canadair. 
La lotta è durissima. Durerà giorni. E con le fiamme divampano le polemiche. Inadeguatezza della risposta, ritardi nei soccorsi e negli interventi, superficialità e imprevidenza, errori nella strategia dei soccorsi sono le critiche che emergono dalla prima analisi dell’accaduto. E dire che il Portogallo, come altre zone non lontane della Spagna e della Francia vengono ciclicamente investite dal fenomeno. In questa occasione un fulmine a ciel sereno caduto su un albero secco ha innescato il disastro ancora in corso.
Troppe volte, nel momento del calcolo dei danni e talvolta davanti alle vittime e alla rabbia di chi le piange abbiamo ripetuto: «Mai più». Mai più lutti, mai più angosce, mai più boschi inceneriti, case distrutte, territori devastati. Un «Mai più» che sembra spegnersi insieme con le fiamme che tornano ogni volta sempre più minacciose, come se avessimo nuovamente perso la memoria dei disastri patiti e dei quali non di rado siamo colpevoli complici. 

«Mai più» è un dovere ineludibile al quale siamo chiamati tutti, per ritrovare un civismo consapevole che la smetta di rifugiarsi nel senno di poi per trovare ragioni e scuse per l’accaduto e promesse che non succederà ancora. Su diversi fronti questa stagione difficile, resa ancor più complessa dagli integralismi che sconfinano in atti di terrorismo diffuso e imprevedibile, ci deve impegnare in una applicazione delle regole, in una visione rigorosa per tutti del possibile e del probabile. Il «Mai più» va applicato prima che scorra il sangue e non per lavarlo via.
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