Giungla tavolino selvaggio: fuorilegge due volte su tre

Giungla tavolino selvaggio: fuorilegge due volte su tre
di Camilla Mozzetti
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Venerdì 24 Febbraio 2017, 08:19 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 10:08
Non che lo sforzo negli anni sia mancato. Mettere ordine ai tavolini esterni di bar e ristoranti nel centro storico di Roma è stato - con le dovute eccezioni - un obiettivo a cui molte amministrazioni municipali hanno ambito. Della serie: la volontà di regolamentare il settore, cercando di tutelare in primis il decoro del centro storico, non è venuta meno. Ma in tutte le grandi o piccole rivoluzioni che si rispettino, la volontà vale fino a un certo. A guardarlo oggi il cuore della Capitale, si percepisce come il riordino del settore con i piani di massima occupabilità (lo spazio esterno massimo che un ristorante può sfruttare) sia ancora molto di là dall'essere completato. Procedure rettificabili o comunque impugnabili messe a punto dalle varie amministrazioni, hanno spianato la strada ai ricorsi al Tar degli esercenti, all'aumento dell'evasione tributaria (solo nel I municipio stimata intorno ai 3 milioni di euro l'anno), alla vecchia e malsana abitudine di farsi beffa delle poche regole esistenti. Perché tanto sono opinabili.

LO SCONTRO
Eccoli i tavolini selvaggi che eccedono due volte su tre i limiti consentiti. Eccole le stufe accese, attaccate ai portoni dei palazzi. Eccole ancora le insegne dei menù che sostano sui marciapiedi, che sbarrano il passaggio ai pedoni. Quale esercente si sentirebbe obbligato a rispettare una norma che o è facilmente impugnabile di fronte a un tribunale (il ricorso vinto da un ristorante di via Tor Millina fa scuola) o genera una disparità di trattamento tra due attività? Perché bisogna dirlo, i piani di massima occupabilità oggi in vigore nel I municipio generano disparità tra le strade del Centro e più che portare ordine hanno infuocato lo scontro tra esercenti e amministrazione. La situazione è questa: nel 2014 furono redatti da una commissione - che contempla tra i membri dipartimento Mobilità, Sovrintendenza capitolina, Soprintendenza statale, Polizia Locale -, 160 piani di massima occupabilità corrispondenti ad altrettante strade o piazze del Centro. Di questi 160 piani però non tutti sono oggi in vigore.

Centocinque sono stati approvati dal consiglio del I municipio e resi effettivi ma solo alla fine del 2016, 14 piani sono stati revisionati dalla commissione perché presentavano dei vizi di forma. Errori che, di fatto, hanno sospeso i provvedimenti in diverse strade in cui la presenza di bar e ristoranti non è affatto residuale. Vicolo del Bologna, via del Governo Vecchio, via della Cuccagna tanto per citarne alcune. Il consiglio del I municipio deve ora riapprovarli. Restano poi altri 30 piani che l'amministrazione del mini comune deve licenziare (tra cui quelli per piazza della Maddalena, piazza Poli, via Bocca di Leone, via dei Baullari, via Vittoria, largo Visconti, via delle Terme di Tito) senza contare i 25 che devono ancora essere redatti dalla commissione e approvati dal I municipio per tutto il quadrante di Testaccio.

LA SELEZIONE
«E' chiaro - spiega l'assessore al Commercio del I municipio, Tatiana Campioni che ha ereditato questo scenario dalla giunta precedente - che in questa situazione, strade o vie limitrofe hanno regole diverse, in alcune ci sono i piani, in altre no; stiamo cercando di approvare tutti i piani mancanti e rendere omogenea la regolamentazione del settore». Uno dei limiti alla redazione complessiva dei piani, poi, è stato il criterio scelto per la selezione delle strade. La commissione ha licenziato piani per un gruppo di strade che non facevano tuttavia parte di uno stesso quadrante. «Se invece si fosse proceduto per rioni - conclude la Campioni - avremmo oggi una situazione più chiara». Resta infine il problema del Tridente. Nel 2013 la Soprintendenza statale decretò l'occupabilità zero, vale a dire nessun tavolino e dehors nel salotto buono di Roma. «Dobbiamo riaprire un tavolo perché bisogna predisporre dei piani di massima occupabilità dal momento che il Tar ha sospeso tutte le revoche per le attività che insistono nell'area sottolineando la necessità di un atto dell'amministrazione».

(1-continua)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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