Giovane gay suicida a Roma, folla ai funerali.
La mamma: «Come farò senza Simone mio?»

I funerali di Simone
di Marco Pasqua
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Giovedì 31 Ottobre 2013, 12:57 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 21:02

ROMA - Simone, come faccio senza di te?”. Quando la bara bianca viene portata nella chiesa di San Giustino, si sentono solo le urla della mamma Nina, entrata poco prima sorretta dal marito, Fabio. «Come faccio senza Simone mio?», ripete più volte, singhiozzando, mentre la figlia Ilaria e Fabio cercano di consolarla. Vuole risposte, per quel figlio che non c'é più. Fissa la bara, ha gli occhi rossi di dolore, ripensa a quella maledetta notte in cui Simone si è lasciato cadere nel vuoto dall'undicesimo piano, dopo aver scritto, in una lettera, di essere stanco dell'omofobia. Ci sono gli amici dell'università, arrivano tutti insieme e si siedono nelle ultime file, ma anche molta gente del quartiere, persone che non conoscevano direttamente Simone, e che oggi hanno voluto esserci. E poi ci sono i parenti, nelle prime file. Non parlano, ma si guardano in continuazione negli occhi, alcune volte si abbracciano. La mano di papà Fabio accarezza in continuazione quella della figlia, seduta vicino alla bara. La guarda, cerca di consolarla, ma le lacrime scendono e non si fermano più.

Sull'altare ci sono Don Stefano, Don Giulio, Don Silvano e padre Gianni: tutti avevano avuto la possibilità di conoscere Simone e ne hanno ricordato l'impegno in parrocchia, anche la fede religiosa. «Voleva diventare un infermiere, per aiutare gli altri ed era sempre pronto a dire 'grazie'», ha ricordato don Stefano durante le esequie. Sulla bara ci sono i fiori bianchi di mamma e papà e quelli rossi dei nonni.

IL PADRE
Si stringono tutti insieme, guidati da papà Fabio, che parla e dice di dover essere forte, quasi a volersi convincere in questo momento tragico per una famiglia che ha perso un figlio. Legge un messaggio di Ilaria, che non ce la fa a parlare. Piange, mentre papà la stringe a sé, sotto lo sguardo di don Stefano, accanto a loro. Ha in mano un foglio, scritto a penna, con la fiaba preferita di Simone: «C'era una volta un anatroccolo, dal corpo fragile, diverso dagli altri, perseguitato da tutti. L'anatroccolo vaga senza meta, debole e inferiore, è brutto ma buono e diventerà un cigno bellissimo. Un viaggio triste ma positivo, l'anatroccolo conserva la sua identità. Te la ricordi Simone, era la tua favola preferita. Sentirsi diversi non è bello per nessuno ma per fortuna ci sono persone accoglienti che danno conforto a chi è in difficoltà. Mi dicevi vado per la mia strada e sono fiero di me». E ancora: «Anche nei momenti in cui hai lottato in silenzio e con coraggio per affrontare la paura del mondo, sempre col sorriso e l'umiltà. Prima di aprire le porte contavi fino a 10 prima di uscire e andare a combattere contro le ingiustizie e incoerenze della gente. La tua famiglia non ti ha mai lasciato solo e ti ha appoggiato in tutte le scelte. Hanno detto e scritto che eri solo ma non è vero, sei stato tu a combattere proprio con la tua famiglia per la giustizia e la verità, quando ci hai raccontato della tua omosessualità». Simone stava per diventare infermiere. «Il tuo sogno si stava realizzando – ricorda papà Fabio - Ogni giorno ti vengo a trovare lì da dove ti sei lanciato nel vuoto. Ma si riempie il cuore a vedere che sei nell'animo di tutti, adulti e bambini. Chi pensa che eri un ragazzo fragile sbaglia: sei portavoce di un nucleo collettivo. Il messaggio è arrivato, Simone, ti posso assicurare, ci sei riuscito alla grande. Con questo gesto hai fatto capire che chi è in difficoltà ed è un bersaglio della società deve chiedere aiuto e trovarlo. Grazie per essere stato un bravo fratello e un grande figlio. Con i miei occhi lucidi prego per te. Ti vogliamo tanto bene». Simone, per Fabio, sarà sempre «una sentinella»: «Porterò il suo messaggio in tutto il mondo, lui mi darà la forza».

IL PARROCO
Don Stefano si rivolge a Nina e Fabio: «Pur con l'amore della sua famiglia Simone non è riuscito a superare le fatiche e le difficoltà della vita quotidiana, nonostante i suoi valori forti e i suoi principi. Pensiamo a quanto potesse stare male, a quanto forte fosse il suo disagio che nessuno è riuscito ad ascoltare e comprendere. Carissimi famigliari, il vostro dolore è incommensurabile ma lasciatevi abbracciare da tutti noi». Quando la bara esce dalla chiesa, tra gli applausi, gli amici liberano decine di palloncini bianchi e rossi in aria.

IL PRESIDENTE DEGLI EBREI
Al funerale assiste anche Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica, che annuncia l'intenzione di far piantare tre alberi dal Keren Kayemeth LeIsrael in Israele: «Dopo la tragedia che ha colpito Roberto, ragazzo di 14 anni che si è gettato questa estate dal balcone di casa e che ci ha ferito nel profondo, la vicenda di Simone non ci lascia indifferenti. Alla sua famiglia, ai suoi amici, vanno nel giorno del funerale a cui ho partecipato le nostre condoglianze più sentite. Fa male sapere attraverso le parole lasciate da Simone le motivazioni che hanno portato all’estremo gesto. E’ una situazione inaccettabile bisogna adoperarsi tutti per una società migliore, comprensiva e non emarginante».
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