Flaminio, il “Goal” di Ceroli abbandonato nel degrado

Flaminio, il “Goal” di Ceroli abbandonato nel degrado
di Valeria Arnaldi
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Lunedì 28 Agosto 2017, 10:17 - Ultimo aggiornamento: 31 Agosto, 08:44
Una recinzione metallica abbattuta e rimasta in terra. Una transenna mobile, posta successivamente a delimitare la medesima area, ma anche questa abbattuta. All'interno, erbacce, sterrato, rifiuti di ogni tipo, qualche avanzo di cibo e i segni evidenti di un dormitorio a cielo aperto. È uno scenario decisamente desolante a fare da cornice alla monumentale scultura Goal, alta oltre sedici metri, realizzata da Mario Ceroli nel 1990, esposta in occasione dei mondiali di calcio davanti all'attuale Palalottomatica, in piazzale Pier Luigi Nervi, e poi collocata in viale Tiziano, nell'area antistante il Palazzetto dello Sport che porta le firme di Nervi e di Annibale Vitellozzi, al Villaggio Olimpico. Nonostante le dimensioni straordinarie e il colore rosso, l'opera pare essere stata dimenticata, abbandonata all'incuria. Il legno di pino di Russia, in cui è realizzata, mostra le ferite del tempo trascorso, dell'inquinamento e degli agenti atmosferici ma pure quelle dei vandali, con scritte e tag realizzati con vernice spray e pennarelli sulla sua base. Così a degrado si aggiunge degrado e l'opera si ritrova trasformata in una sorta di riparo per sbandati.




NEL QUARTIERE
Lo scenario non migliora granché nella zona circostante. Le aree verdi dell'intero Villaggio Olimpico sono completamente secche, erbacce e piante selvatiche crescono altissime, nascondendo bottiglie, bicchieri, cartoni per la pizza e quant'altro, gettati dove capita in quella che appare come terra di nessuno. Un albero nelle aiuole intorno al Palazzetto, spezzato, si è ripiegato su se stesso ma nessuno ha provveduto a rimuoverlo. E nelle aiuole di fronte si trovano tende e altri segni di dormitori. C'è perfino chi stende i panni ad asciugare sulla recinzione dell'area giochi. È uno sterrato lunghissimo ed ampio, bordato da sterpaglie secche, il tratto verde che corre sotto Corso Francia. E il color ocra, tra piante bruciate e terra, ricorre di area in area, dalle aiuole più piccole ai grandi giardini. E sull'asfalto. Perché le erbacce crescono pure sulle strade e sui marciapiede e rimangono lì a fare belle mostra di sé, poche ancora verdi, quasi tutte secche.
SIMBOLO TRISTE
Da piazza Jan Palach, attorno al monumento al giovane patriota cecoslovacco, alle zone nelle quali sono state collocate le opere di Amleto Cataldi, fino ad arrivare al cortile interno dell'istituto scolastico, in via India, piante ed erbacce crescono senza alcun controllo. Non c'è maggior cura in viale de Coubertin, davanti all'auditorium Parco della Musica. Anche qui, foglie secche, erbacce, piante bruciate dal sole, sterrato in ogni aiuola. Anche qui, rifiuti lasciati in terra. Anche qui piante eccessivamente cresciute e non tagliate neppure quando sono ormai secche. Anche qui, tra i palazzi e negli spazi più nascosti delle strade limitrofe, segni di giacigli e dormitori, senza dimenticare, ben visibili, le panchine, davanti all'ingresso che di notte si trasformano in letti per senzatetto. E quando cala il buio, la zona si trasforma ulteriormente. E nelle strade di accesso da lungotevere, si anima il suk del sesso, sempre più affollato, con clienti che non esitano a fermarsi in auto, poco distanti dalle case, per concludere trattative e non solo. Spesso sfruttando proprio i molti parcheggi liberi e invisibili tra supermercato, chiesa e area giochi. Senza controlli. Un tesoro verde della città. Nel cuore del suo quartiere delle arti, immerso nel degrado, in cui il monumento di Ceroli finisce per farsi tristemente simbolo di ciò che era, sarebbe potuto diventare e non è più.
 
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