Roma e la fenomenologia del centurione, emblema della nuova inciviltà

Roma e la fenomenologia del centurione, emblema della nuova inciviltà
di Mario Ajello
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Sabato 29 Aprile 2017, 08:11 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 21:11

Almeno il pellerossa, che era meglio del finto centurione, alla domanda immaginaria di Cesare Pascarella che nella «Scoperta dell'America» gli chiedeva di descriversi rispondeva sinceramente: «E chi ho da esse'? So' un selvaggio!». Per i romani/romeni, mascherati da antichi militi e moderni molestatori dell'Urbe, i selvaggi invece sono gli altri.

Loro dopo la sentenza del Tar che li rimette in scena, ed è sempre una brutta scena, gioiscono e cantano checcozalonianamente tra il Foro e il Colosseo: «Siamo una squadra fortissimi». Alla faccia di tutti quelli che vogliono rendere Roma meno sbracata e più decorosa. E non un lunapark sfasciato sulle proprie rovine. In cui i centurioni da baraccone, i legionari della palpatina - «Che bbella ragazza che sei? Un selfie e n abbraccio?», così anche ieri hanno ripreso a rivolgersi alle turiste e qualcuna sorride e qualcuna no e a queste ultime: «Che fai, m'imbruttisci?!» - e insomma questi figuranti della peggiore antropologia indigena, col pennacchio sull'elmo e la corazza impenetrabile dalla legge, hanno ripreso a marciare sull'Urbe.

LA PELLE DELL'URBE
Ieri li trovavi dappertutto. Non solo nella zona archeologica, ma anche a Fontana di Trevi - «Quante me dai per un tuffo?» - e a Piazza Venezia, a Piazza di Pietra e fino al Pantheon e negli altri luoghi pregiati ma non protetti. Sulla cima della scalinata che dall'Anfiteatro Flavio sale verso il Celio, i dieci tipi corpulenti e rudi che hanno presentato e vinto il ricorso anti-Raggi e anti-divieto al Tar sono tutti soddisfatti - «Ce volevano reprime', gli è annata male» - ma anche preoccupati. «Rega' - dice uno - ora il problema è che vorranno veni' tutti a fa' li centurioni. Puro l'indiani e gli zulù. Vogliono venire a mangiare a casa nostra, li dovemo' ferma'».

Gli abusivi contro gli abusivi-abusivi. Sarà guerra stracciona sulla pelle della maestà di Roma? Qualcuno propone: «Ci sarà l'invasione e se non la bloccano i vigili faremo le ronde noi». Dalla via dei Fori, alle statue di Cesare, di Augusto e di Traiano tocca ascoltare cose così. Ma anche sentire un tizio, vestito da Cupido, con una parrucca di riccioli giallo-fosforescente, l'arco con le frecce dell'amore, le ali piene di cuoricini e una tunica bianca, che abbranca le passanti e gli canticchia nell'orecchio un motivetto storpiato dei Beatles: «Love, love, love...». E se quelle invece di sorridere, si ribellano? «Io - dice il rumeno che alterna la maschera di Cupido a quella del centurione e ogni tanto grida: «A bellaaaa!» - sono pacifico, altri magari no».

C'è infatti una guida turistica, lì accanto, che spiega stando attenta a non farsi vedere, sennò rischia: «Tra abusivi e abusivi-abusivi qui è tutto un racket del centurione. Ci sono stati casi di aggressioni verbali e fisiche a noi e ai visitatori stranieri. Speravamo che fosse tutto finito, e invece....». Un signore americano cerca di affacciarsi dal balcone sui Fori e un antico romano da duemila euro al mese («Ce volevano togliere pure quelli, ma non hanno capito che giocano col fuoco») gli si para davanti. «Please», implora il signore voglioso di vedere la Storia.

«Che?», ruggisce il centurione chiedendo cinque euro per un selfie, sennò niente panorama. Intanto, come prima e più di prima, l'antropologia del centurione si mette in posa in tutta la potenza del sopruso e si conferma un po' checcozalonica (il posto fisso non si tocca, anche se è abusivo), un po' circense (ma se il turista non si diverte, rischia) e molto vetero-corporativa e becero-castale. Cupido ammette: «Io sono arrivato con i miei mezzi. Ma qui molti centurioni sono figli di centurioni, cugini di centurioni, amici di centurioni». Il sistema, c'è chi lo chiama racket, si riproduce sempre uguale a se stesso. Ma davvero? «Che voi? Smamma!», dice uno di loro a chi si incuriosisce troppo. Bisogna pagare pure per fare domande. «Noi siamo dei creativi, gli altri sono dei delinquenti», assicura però Daniele Di Porto, vicepresidente dell'Associazione centurioni artisti di strada.

BRUTTE VACANZE
Anni fa, una troupe di una tivvù straniera è stata aggredita: i 30 euro, concordati all'inizio per una foto, non bastavano più e i figuranti ne volevano cento. Prima ancora, un centurione venuto dall'est ha estratto da sotto lo scudo il pene, davanti a tutti a due passi dall'Arco di Costantino. Due turiste americane hanno dovuto scrivere alla Soprintendenza archeologica per raccontare la bruttezza del grand tour a queste condizioni. Per esempio quella di non poter entrare nel Colosseo, quando Tronca fece l'ordinanza anti-sfascio, perché gli pseudo-legionari arrabbiati avevano picchettato l'ingresso. Ma attenzione. Sta passando - ieri ore 12,30 - una carrozza e se qualcuno non la ferma nell'Anfiteatro Flavio ci entra lei, come fosse una stalla.

«Io sono un vetturino del 700», dice il tipo che la guida, avvolto in un mantello rosso di velluto, stivaloni ai piedi e frusta tra le mani. Svetta sulla cima di questa carrozza finto-antica, trainata da sei enormi cavalli frisoni, e dice: «Sto aspettando due russi che si sono appena sposati, ma poi carico chiunque e parto». Zigzagando tra fachiri, gladiatori, violinisti zigani, madonnari (ma poi chi pulisce?) d'ogni provenienza, il sosia di Michael Jackson che fa le mossette e gli ambulanti - in combutta con tutti gli altri e in assenza di vigili - che nascondono la mercanzia nel didietro delle statue degli imperatori. O sulla cima di via San Bonaventura, quella che porta al Palatino, dove si annidavano - continuando a lavorare ma in maniera più nascosta - i centurioni in questi anni di proibizionismo continuamente aggirato.

Ma adesso è tornata la libertà. Di affossare Roma nell'abisso del ridicolo, nell'impresentabilità da assenza di regole e nell'insicurezza. Anche se l'ordine, ieri, a un certo punto è stato garantito da un paio di centurioni. Si sono piazzati davanti all'imbocco del marciapiede stretto che, prima di arrivare davanti al Colosseo, i turisti devono imboccare ammassandosi. Dirigono il traffico con fare finto-simpatico e autoritario: «Di qua, di là...». E con lo spadone danno e tolgono la precedenza. Come i veri padroni di una città che non sa come liberarsi di loro.

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