I CONTROLLI
In teoria, nella casa circondariale dovrebbero esserci continui controlli per evitare che i reclusi nascondano oggetti non consentiti. In questo caso i tre sarebbero riusciti, indisturbati, a mettere da parte un vero e proprio arsenale da evasione e ad architettare un piano di fuga scattato al momento più opportuno: la notte del terremoto, quando a Rebibbia, in pieno caos, sono stati trasferiti i detenuti del carcere di Camerino. Il sospetto di chi indaga è che ci sia una macroscopica falla nei sistemi di sicurezza della prigione. La speranza è che non abbiano avuto appoggi dall'interno. Per sciogliere ogni dubbio, la pm Plastina ha deciso di confrontare l'ultima evasione con altre fughe clamorose. Come quella dello scorso 15 febbraio. I protagonisti erano due romeni di 28 e 33 anni. Le modalità sono identiche: sbarre segate e lenzuola annodate. La loro latitanza era durata poco più di tre giorni. Nel 2014, invece, a darsi alla macchia erano stati due romani. Erano scappati dal terzo piano dello stabile, sempre calandosi da una finestra. La Procura vuole controllare se nei periodi degli incidenti il personale in servizio fosse lo stesso. Nel frattempo, degli evasi albanesi non c'è traccia. Una pista porta all'estero. La compagna di uno dei fuggiaschi abita infatti in Germania. Chi indaga vuole anche capire se i tre abbiano avuto dei complici. Per dileguarsi così in fretta potrebbero essere stati aiutati da amici che li attendevano in macchina fuori dalla prigione e che, ora, li potrebbero ospitarli. In questi giorni sono arrivate agli inquirenti decine di segnalazioni provenienti da tutta l'Italia.