Esquilino addio, i cinesi in fuga: «Qui buche, delinquenti e paura»

Esquilino addio, i cinesi in fuga: «Qui buche, delinquenti e paura»
di Simone Canettieri
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Giovedì 15 Febbraio 2018, 07:58 - Ultimo aggiornamento: 18:32

Arrivarono qui in gruppi, sotto i portici umbertini. Prima i fratelli, poi i cugini, le mogli e le madri. Anni 90: tanti soldi, tutti cash. Nessuna domanda. Via il negozio d'abbigliamento della signora Pina, ecco il ristorante con gli involtini primavera. Addio ferramenta, pronti con i negozi di scarpe (non da vendere, ma da far vendere agli ambulanti per i mercati all'ingrosso). Un' occupazione lenta ma capillare. Un filotto di storia romana buttata giù come birilli. Adesso, la comunità cinese dell'Esquilino, silenziosa e laboriosa, ma anche così esotica da portarsi dietro un alone di inquietante mistero, prende la distanze. Un po' disgustata. Quasi in maniera razzista, rivendica - sottovoce e con sguardi imbarazzati - la diversità. «In effetti - racconta il cuoco del ristorante la Sorgente, che non vuole svelare il suo nome e parla l'italiano di chi vive qui da 10 anni - noi lavoriamo, non scocciamo e non vogliamo essere scocciati. Qui fuori, invece, con questi ubriachi, con questi che dormono nel parco, con questi che danno fastidio». Ecco, questi. I nuovi immigrati.
 



GLI SGUARDI
Corno d'Africa, Nord Africa. Sbandati. «Denti bianchi, bianchissimi che penzolano nella notte», pennellano da un parrucchiere dalle insegne incomprensibili e dalle clienti romane. Il degrado, l'eroina, l'alcol, i cartoni per dormire: ecco i fastidi visivi degli italiani, ormai quasi minoranza ma non silenziosa. Fastidi condivisi al ristorante La Sorgente. «La comunità cinese è un pezzo di questo quartiere che vive i nostri stessi problemi, ho tanti clienti asiatici: con loro no problem», racconta Giampaolo, discendente dello storico Mobilificio Grilli, quello con le grandi insegne verdi sotto gli archi. Un' attività quasi vintage senza volerlo, visto che sta qui - «ormai circondata» - dal 1900.
All'agenzia di viaggi Welcome da 20 anni spediscono, con la manualità di chi confeziona pacchi, famiglie da Hangzhou a Roma. «Adesso un 30% - racconta la titolare, anche lei senza nome che forse parlerebbe bene la nostra lingua ma forse non le va di dimostrarlo - se ne va dall'Italia, tanti di noi ritornano a casa». E per chi rimane? «Le buche, i delinquenti, la paura delle rapine». E senza volerlo è scattata l'integrazione della malasorte.

La gelateria Fassi, in via Principe Amedeo, è un crocevia del nuovo Esquilino. Alessio, per esempio, è nato in Italia, al contrario dei suoi genitori. Parla due lingue, ma tira fuori un romanesco che dai suoi lineamenti fa sorridere di simpatia: «Qui è un casino, in questa piazza di notte bisogna avere gli occhi aperti». Lui, conoscitore di piazza Vittorio, regala piccoli trucchi: «Il lato verso la stazione Termini è quello più pericoloso».

LO SPIRITO
Andrea Fassi, rampollo dell'antica gelateria, racconta: «Con Sonia del ristorante cinese davanti a me, abbiamo in mente una serie di progetti per riqualificare a nostre spese la via: lei ci tiene tantissimo». Lentamente, anche l'ossessione per il business è mutata per la comunità straniera più popolosa della zona. I negozi di paccottiglia - che lasciano pensare da sempre a strani flussi di denaro - fanno largo alle enoteche (due) e alle profumerie di lusso (quattro, intorno ai portici). Occhi orientali e mani curatissime che servono le signore del ceto medio riflessivo esquilino. E poi ci sono i primi B&B e gli Airbnb. Intanto, avanzano e si consolidano i market pakistani e bengalesi, i turchi che fanno la barba. E in questo ascensore, c'è sempre qualcuno da guardare più in cagnesco. E i romani, nel dubbio, in quel giardino non c'entrano più e di notte sotto i portici passi lunghi e ben distesi.
 

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