Tor Bella Monaca, ecco la Gomorra romana: droga, armi e niente cupola

Tor Bella Monaca, ecco la Gomorra romana: droga, armi e niente cupola
di Marco De Risi e Maria Lombardi
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Mercoledì 6 Luglio 2016, 09:57 - Ultimo aggiornamento: 7 Luglio, 09:30

Tor Bella Monaca, periferia di Scampia. Qui si spaccia ventiquattro ore al giorno, in questo «centro commerciale» della droga il giro d'affari è di circa 900mila euro a settimana, solo per la coca. I pusher e le vedette fanno i turni, il clan sorveglia e protegge. I conti con i rivali si chiudono a colpi di pistola. Nessuno parla e le donne comandano quasi come gli uomini. Appartamenti «bunker» nascondono la roba e le armi. «R9» è la sigla del palazzone dove i boss hanno il loro quartier generale e così è stata chiamata la maxi-operazione scattata nella zona franca a sud est della Capitale.

 

In questi casermoni di cemento la legge è un'altra, come alla Vele di Scampia, a dettarla è la mafia de' noantri, una sorta di Gomorra capitolina. Il blitz di ieri ha colpito il clan dei Cordaro. Gli agenti della squadra mobile, in collaborazione con il Servizio centrale operativo, hanno arrestato 35 persone. Le accuse: associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, spaccio, riciclaggio, ricettazione, truffa ai danni dello Stato, omicidio e tentato omicidio, violazione della normativa sulle armi. Altre due persone, colpite dalla stessa ordinanza, non sono state trovate.
 
L'OMERTÀ
L'operazione ha «svelato la struttura organizzativa della famiglia Cordaro, uno dei gruppi più temibili e pericolosi del territorio», spiega il procuratore aggiunto della Dda di Roma Michele Prestipino, che ha coordinato le indagini. Un clan temuto e rispettato, «c'è un grande consenso sociale intorno alla famiglia». Siciliani trapiantati a Roma ma senza alcun legame con le cosche dell'isola. Di più, in quei palazzoni di via Ferdinando Quaglia i nemici sono le forze dell'ordine e i malavitosi vengono protetti e favoriti da una cortina di omertà. Tanta gente da queste parti lavora per loro: pusher, vedette, custodi di armi e droga. «Nessuna testimonianza utile nel corso delle indagini», aggiunge il magistrato. Sono state le intercettazioni a guidare l'attività investigativa.

L'OMICIDIO DI PASQUA
Le indagini sono partite dall'omicidio di Serafino Cordaro, avvenuto il 30 marzo del 2013, alla vigilia di Pasqua. Fu ucciso in un bar di via Acquaroni, tre colpi di pistola alla testa. Il killer con il volto coperto da un casco ha fatto uscire tutti i clienti e poi ha sparato. Il 30 maggio scorso la Corte d'Assise ha condannato Stefano Crescenzi, il boss di Giardinetti, del clan rivale ai Cordaro. Un tipo che girava con una collana di brillanti da 80mila euro e aveva due Ferrari. Lui sarebbe stato il mandante dell'omicidio di Serafino mentre Giuseppe Pandolfo, poi divenuto collaboratore di giustizia, il killer. Guerra tra bande per il controllo della droga, tutti i fatti di sangue che si sono verificati in questa periferia fuorilegge sono da ricondurre ai regolamenti di conti per la conquista del mercato. «I gruppi di spaccio che gestiscono Tor Bella Monaca hanno rapporti di fornitura e relazioni - aggiunge Prestipino - con soggetti appartenente ai Casalesi, e quindi alla camorra, e alla ndrangheta».

LE VEDETTE
I soldi della droga - rivelano le indagini che hanno portato all'operazione - sarebbero stati riciclati in ristoranti, bar e una squadra di calcio alla Maddalena, grazie all'aiuto di un avvocato finito in carcere. In un appartamento bunker protetto da telecamere venivano nascoste armi e droga. In caso di perquisizioni, pistole e coca sparivano nelle tubature, ma stavolta un kalashnikov è rimasto incastrato.

Tor Bella Monaca più vicina a Palermo e Napoli che a Roma. Da via Santa Rita da Cascia, sotto i sette palazzoni, fino a via dell'Archeologia lo spaccio si snoda attraverso i labirinti tra un edificio e l'altro. Vedette, grotte, telecamere, infinite vie di fuga. In alcuni punti strategici, come avviene a Scampia, i più giovani stanno in strada e sono pronti a dare l'allarme. Vendette trasversali, omertà diffusa, donne che sanno tacciono e giurano vendetta. Il boss riverito. «Serafino, sei il nostro angelo», un murales gigantesco in via Quaglia ricorda il capo della famiglia Cordaro assassinato nel bar. Un omaggio che è anche un segnale, questo territorio è della famiglia Cordaro, gente che si fa rispettare anche dai Casalesi, mafiosi di Roma che ancora non hanno fatto il vero salto di qualità, non hanno cupola e nemmeno cosche, ma agiscono come loro. Summit nei garage con 30,35 persone per decidere gli affari, palazzi sorvegliati dai fedelissimi giorno e notte e colpo sempre in canna.