Donna decapitata all'Eur, il terrore di Oksana negli ultimi sms alla sua migliore amica

Oksana Martseniuk
di Raffaella Troili
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Sabato 30 Agosto 2014, 14:41 - Ultimo aggiornamento: 31 Agosto, 00:45

Quello l mi d fastidio, non mi piace, a pelle. Ancora: ho spento la luce e di corsa sono andata dentro casa; la lavatrice nuova guasta; non puoi capire che casino c’è qua dentro, meno male che non ci sono i ragazzi, mi metto a sistemare la casa». Sono i messaggi di Oksana Marteseniuk, il giorno prima di morire. La colf ucraina non era tranquilla da tempo, già a luglio aveva confidato all’amica del cuore le paure che nutriva nei confronti dell’ospite, le stesse che imbarazzata aveva accennato a Giovanni Ciallella, il datore di lavoro. «E’ strano, mi mette paura» diceva a Irina Sidorovnina parlando di Federico Leonelli, l’uomo che domenica 24 agosto l’ha uccisa e decapitata nella villa all’Eur, in via Birmania. A Oksana non piacevano certi gesti da esaltato, i coltelli, le arrampicate, i salti.

Comportamenti che potrebbero emergere dall’analisi degli esami della polizia scientifica sui filmati dele telecamere della villa interne ed esterne iniziati ieri. Le memorie potranno far luce sui concitati momenti sfociati nella morte di Leonelli, ma forse anche sulle fasi della tragedia che si era appena consumata. Disposte anche le analisi del pc di Leonelli. «Lui è arrivato a inizio luglio - ricorda l’amica della vittima - ma prima andava e veniva, più volte. Si è fermato quando lei è partita per l’Ucraina, per poi rientrare giovedì 28: al mio ritorno dalla Russia dovevamo vederci, venire a prendermi in aeroporto e passare una giornata in compagnia, andare al lago. Quando aveva il giorno di riposo veniva sempre a casa mia, quante notti abbiamo trascorso a chiacchierare».

«CHE SIGNIFICA MINACCIARE?»

Un’amicizia stretta, nonostante una fosse russa, l’altra ucraina. «Oksana era patriottica, abbiamo discusso spesso, mi chiamava “amica di Putin”, poi mi guardava e prometteva: però noi due non ci lasceremo mai, sempre amiche, fino alla morte, vero? Chi lo sapeva che questo momento sarebbe arrivato presto». Irina è sconvolta, cerca di ritrovare segnali di pericolo nella memoria. «Il 18 agosto era ancora in Ucraina, mi mandò un messaggio: c’era scritto cosa vuol dire in italiano la parola minacciare? Le ho risposto: perché me lo chiedi? per curiosità ha chiuso lei». Chissà a cosa stava pensando, a cosa si riferiva. «E’ un tipo strano - aveva confidato più di un’amica - entra in casa, sporca tutto, mi urta tanto». L’ultimo messaggio a Irina l’ha mandato sabato. «Preoccupata? No, infastidita da quell’uomo che faceva cose strane, si allenava, si arrampicava anche sui muri di casa senza guanti e attrezzatura. E poi si era stranita per tutti quei coltelli». Irina non crede al raptus isolato, ha una mezza idea che Oksana l’abbia respinto.

«HA SCALATO LA CASA»

«Per me ci ha provato, la mia amica non sarebbe mai uscita in pigiama, era sempre in divisa, molto curata. Forse lei pensava di poter cavarsela da sola, con le sue forze. Finché quello non si è arrampicato ed entrato nella casa, quando gli era vietato. Lei deve essere scappata, strillando. Mi piacerebbe sapere tante altre cose ma il caso sembra già risolto». Non ha avuto il coraggio di telefonare alla figlia di Oksana, dodicenne. «Cercheremo di aiutarla negli studi e se vorrà venire qui sarà sempre la benvenuta. Sua mamma era speciale, una donna per bene, sana».

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