Omicidio Reggiani, la cugina: «Dieci anni senza Giovanna, ma non è cambiato nulla»

Giovanna Reggiani e
di Raffaella Troili
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Martedì 31 Ottobre 2017, 13:07 - Ultimo aggiornamento: 19:30

Dieci anni senza Giovanna. Sì, quella signora nella fototessera sbiadita che non le rende merito ripetono i familiari senza mai cadere nella tentazione di dividere con gli estranei quanto di bello hanno perso per sempre. Dieci anni fa, il 30 ottobre 2007, Giovanna Reggiani veniva violentata, massacrata, gettata in un fosso nei pressi della Stazione Ferroviaria di Tor di Quinto. Erano le sette di sera e la moglie del capitano di vascello della Marina Militare Giovanni Gumiero tornava a casa quando è stata aggredita barbaramente, senza pietà da Nicolae Romulus Mailat, 24enne condannato all'ergastolo in Cassazione, estradato in Romania. Sarebbe morta dopo 24 ore di agonia. «E nulla è cambiato, le donne sono ancora in pericolo».

 

«LA SUA RISATA UNICA»
Dieci anni senza una cugina che era molto di più, per Silvia Dallari. Erano nate lo stesso giorno, il 24 maggio, erano unite intensamente. «Riuscivamo a sentirci, a vederci, eravamo come sorelle». Ha la foto di Giovanna sulla scrivania al lavoro, i suoi oggetti sparsi per casa, i ricordi chiusi a chiave nel cuore, a cominciare «dal suo sorriso, era tanto bello sentirla ridere, come rideva lei non rideva nessuno». Dieci anni, una targa alla Stazione, altre tragedie che hanno spazzato via la storia di Giovanna.

«Ma noi in famiglia la ricordiamo tutti i giorni, abbiamo sofferto tanto, in primis i genitori anziani. Il suo è stato uno dei primi casi eclatanti, adesso ci siamo un po' abituati a questi eventi, mi sembra che la situazione per le donne sia cambiata in peggio, le violenze note o meno sono all'ordine del giorno, ne sono seguite troppe, l'ultima sulla spiaggia di Rimini, a settembre».

Silvia Dallari, 54 anni, non ha mai parlato di vendetta, mai alzato i toni, come tutta la sua famiglia. «Credevo fosse necessaria un po' di preparazione culturale, chi viene da noi si deve adeguare ai nostri costumi: abbiamo mondi e culture differenti, una diversa percezione della donna.

Ma come si fa a cambiare la testa di un 30enne? Un conto è un bambino, con lui si fa in tempo. Ma il rispetto per le donne non è un problema che si risolve in dieci anni. Ci vorranno generazioni. Provo tanta tristezza per questi uomini, mica solo stranieri, noi donne non viviamo in un mondo tranquillo, dove si può uscire la sera. Ho la sensazione che dalla morte di Giovanna non sia cambiato nulla. Anche nelle scuole bisogna parlarne, educare i nostri figli maschi a rispettare l'altro sesso. E in famiglia si deve dare l'esempio, loro vedono come viene trattata la mamma».

Si infervora Silvia, perché «Giovanna non ce la ridarà nessuno. Tornava a casa ed è stata aggredita, non è cambiato nulla, è un dolore talmente intenso: è successo, succederà a tante altre». Su Mailat ha poco da dire, «ha spezzato due vite, anche la sua. Una pena giusta, non fa piacere, ma la legge ha fatto il suo corso, chissà come saranno le carceri in Romania? Forse un po' peggio, con l'ergastolo c'è poco da dire, a meno che non lo fanno uscire per buona condotta».

«PARLIAMO DEI BEI RICORDI»
Di Giovanna, che faceva volontariato e insegnava religione ai bambini, riusciamo a strapparle l'idea che era così diversa dalla foto austera che circola, «solare, altruista, creativa, disegnava, aveva una manualità spiccata. Ci si voleva bene, e tanto. Gli oggetti che ho in casa mi parlano del tempo passato insieme, quando ci vediamo con i parenti si parla dei bei ricordi, prego per lei». Avevano appuntamenti, confidenze, quotidianità. Dieci anni a rimuginare.

«La pioggia, l'ora legale, le strade bloccate. Poteva capitare a chiunque. Si è trovata nel momento sbagliato nel posto sbagliato. Dieci anni, e sembra ieri. Il tempo non smussa la rabbia. Spero che queste violenze accadano sempre meno ma mi sembra che in questi dieci anni si sia fatto poco, anzi c'è stato un aumento della casistica delle violenze. Molte donne si stanno facendo sentire, anche se le autorità, la burocrazia arrivano un po' tardi». In questi giorni particolari, alla vigilia della ricorrenza di chi non c'è più, la nostalgia sale, «e io a Giovanna penso ancora di più».