Delitto dell'Anagnina, dietro l'esecuzione i boss della droga

Delitto dell'Anagnina, dietro l'esecuzione i boss della droga
di Riccardo Tagliapietra
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Sabato 30 Agosto 2014, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 08:44
Pietro Pace frequentava i boss di Cinecitt. Il suo nome compare nei fascicoli dell’intelligence.

Era stato fermato più volte in compagnia di elementi definiti dagli investigatori «molto pericolosi» e dai profili criminali «di spessore». Nomi che sfilano accanto alle inchieste e alle informative sui clan che gestiscono il narcotraffico nella zona Tor Vergata-Cinecittà. Frequentazioni che avrebbero permesso a Pace di incontrare la donna di cui l’altro giorno ha parlato il padre, Mario, e forse di innamorarsi. La ragazza, però, compagna di un criminale finito in cella lo scorso aprile per il tentato omicidio di un poliziotto romano (dovrà scontare 17 anni di carcere), potrebbe essere - secondo gli investigatori - una donna «troppo pericolosa», da cui stare lontano. Tanto da generare un possibile movente in grado di giustificare l’agguato mortale al netturbino incensurato, firmato mercoledì sera in via Gasperina con sette colpi di pistola. Ma non è l’unica pista. Anche le modalità con le quali è avvenuto il delitto sono particolari.



DIMOSTRAZIONE DI FORZA

Innanzitutto c’è la pistola. Non si tratta del solito revolver arrugginito usato da qualche piccola banda, o di un revolver 7,65: armi generalmente poco costose e di facile reperibilità. La pistola è un calibro 40, una 10 millimetri che ha lasciato sull’asfalto i bossoli. Un grosso calibro, particolarmente caro e di non facile reperibilità, a meno di non appartenere a bande ben equipaggiate. Anche il luogo dell’agguato ha un significato nel mondo del crimine. Pietro Pace è stato ucciso a poche centinaia di metri da casa, nel suo quartiere, davanti a decine di persone. Erano le 21,20 quando i killer si sono avvicinati al netturbino alla guida della sua Golf e hanno sparato. Non hanno esitato a fare fuoco in mezzo alla gente. C’era chi mangiava il gelato, chi stava in terrazza a prendere il fresco, chi a passeggio. A pochi metri dall’auto di Pace c’è una pizzeria al taglio e a quell’ora era piena di persone. Secondo alcuni investigatori, esperti in criminalità organizzata, i mandanti «volevano un’esecuzione plateale, davanti alla gente, una dimostrazione di forza».



L’AUTOPSIA

Ecco spiegati i sette colpi di pistola, cinque dei quali a segno, che hanno sbriciolato il volto di Pace, come riscontrato dall’autopsia svolta ieri all’istituto di medicina legale di Tor Vergata. Tre proiettili in testa, altri due al collo e due finiti probabilmente nell’abitacolo della Golf. In una sequenza molto rapida, tanto che qualcuno aveva scambiato gli spari per dei mortaretti.



LA DISPERAZIONE

«Ci hanno distrutto la vita», dice Mario il papà di Pietro che ha offerto 100 mila euro a chi aiuta nelle indagini. Nessuno si è fatto avanti, mentre mamma Maria ieri ripeteva: «Pietro ora torna...». «Lucia è a pezzi, erano due gemelli legati - dice Mario - li ricordo quando erano sul seggiolone: adesso vivevano in due case vicine, erano inseparabili». I funerali si terranno o lunedì o martedì nella chiesa di San Gabriele.
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