Crollo al Flaminio, quelle piante all'attico e i lavori: «Temevamo potesse finire così»

Crollo al Flaminio, quelle piante all'attico e i lavori: «Temevamo potesse finire così»
di Laura Bogliolo e Alessia Marani
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Sabato 23 Gennaio 2016, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 09:38
«Se piove viene giù tutto. Il pericolo non è ancora scampato». Gli inquilini del lungotevere Flaminio 70 hanno ancora il terrore negli occhi e sono furiosi: «Qui bisogna rimuovere tutto il più in fretta possibile e dobbiamo pagare noi, il condominio. È assurdo». Lo stabile inagibile, più altri tre appartamenti di un edificio confinante in piazza Gentile da Fabriano, oltre al Teatro Olimpico e al bar. «I vigili del fuoco hanno bussato alla mia porta - dice Andrea Ciacchella, 60 anni, ingegnere civile che abita al secondo piano, il balcone danneggiato dal crollo - stavano evacuando lo stabile, mi sono subito messo a disposizione per indicare gli accessi di acqua, luce e gas. Sono risalito con il funzionario al settimo piano ed effettivamente c'erano crepe tipiche di crollo. Non è stato facile fare uscire tutti, c'è anche un disabile tra gli inquilini. Nel momento in cui stavo spostando le due auto di famiglia parcheggiate sotto, è venuto giù tutto. Sembravano le Torri Gemelle. Ho gli occhiali graffiati dalla polvere».

I SOSPETTI
Sotto accusa alcuni lavori nel palazzo e una specie di giardino botanico creato sulla terrazza del sesto piano. «Dalle mie finestre vedevo che al quinto stavano facendo dei lavori - spiega Goffredo Massimo, architetto - ho notato che stavano intervenendo anche su dei tramezzi collegati con i muri portanti, probabilmente per creare un open space. Naturalmente non sta a me decidere se sia questa la causa del crollo. E poi c'è la signora del sesto alla quale era stato detto più volte di togliere le piante». Giovanni abita al quinto piano che affaccia però sul lato del Tevere. «La presenza di quegli alberi e di quei vasi grossi e pesanti tra i quali non c'era spazio nemmeno per camminare sulla terrazza di circa 80 metri - racconta - era stata denunciata più volte dal condominio. La proprietaria vive da un'altra parte e spesso lasciava anche l'acqua aperta. Inoltre al quinto piano dalla fine dell'anno erano in corso dei lavori, di cui però noi condomini non siamo stati informati». All'amministratore del condominio, Vincenzo Marcialis, infatti, risultano ufficialmente solo quelli del terzo piano: «Qui stanno ristrutturando per ricavare un b&b contro cui però gli altri condomini si sono appellati e il 3 era in programma una riunione per parlarne», dice l'amministratore. Spunta poi un altro cedimento nel palazzo quattro anni fa, quando venne giù il tetto dell'androne. «Per le infiltrazioni d'acqua dovute alla neve - racconta Paola Mencaroni - si gonfiò il ferro dell'armatura di cemento. Ma poi venne tutto risolto». Roberto Detoni, geometra e perito del Tribunale di Verona, è di passaggio, si ferma e osserva il palazzo sventrato: «Questo è uno dei primi cementi armati usati, con ferri lisci e non aderenti. Bisogna fare in fretta a mettere tutto in sicurezza».