Il sindaco Ignazio Marino lo ha detto chiaro e tondo anche giovedì sera, a favor delle telecamere di Announo: «I campi rom vanno superati: sono assolutamente favorevole alla loro chiusura». Un'affermazione che nasce dalle violenze scoppiate la settimana scorsa a Tor Sapienza. I residenti, tra le altre cose, sono sempre più esasperati per la presenza in questo quadrante della città di due campi, uno tollerato e un altro abusivo. «Un giusto turbamento», ha ammesso il primo cittadino, che non ha perso l'occasione di tirare in mezzo i suoi predecessori, entrambi di centrosinistra, Francesco Rutelli e Walter Veltroni. «Oggi sono soluzioni che devono essere superate». Ma come? L'idea, che in Campidoglio maneggiano con cura tipo Superman con la Kryptonite, è semplice: dare una casa alle famiglie nomadi. Il progetto nel merito lo ha spiegato proprio Marino: «Mettere queste persone nei luoghi dove si possa fare autocostruzione, cioè recupero di edifici abbandonati». Nelle prossime settimane dagli uffici partirà una ricognizione del patrimonio immobiliare. Cioè gli stabili comunali che al momento sono vuoti.
I REQUISITI
Anche se Marino sul tema dell'accoglienza e dell'integrazione dice «di rifarsi più a Papa Francesco che a Salvini» la sua parola d'ordine è tolleranza zero verso chi sbaglia. Con questo principio: «Le popolazioni rom o si mantengono da sole o se ne vadano». Ma chi non delinque e vuole mandare i figli a scuola, chi insomma decide di vivere nella legalità potrà andare a vivere negli immobili recuperati. «Dimostrando i requisiti del caso». Perché tutto nasce da una convinzione: «Non è accettabile spendere milioni di euro per tenere le persone in veri ghetti - ha aggiunto il sindaco - Bisogna separare le persone per bene che aspirano ad avere una vita e che sono assolutamente integrate, queste persone devono avere gli stessi diritti».
I TEMPI
Sul «quando» e sul «come» in Campidoglio ci vanno con i piedi di piombo: «Non esistono soluzioni preconfezionate nei prossimi mesi svilupperemo queste idee». Perché l'argomento si inserisce in una generale riqualificazione delle periferie. Il processo andrà gestito con la massima cautela per non far scoppiare nuove rivolte nei quartieri più decentrati della Capitale: problemi di convivenza. In attesa di un piano circostanziato, la Croce Rossa accoglie con «soddisfazione» il cambio di strategia. «Un'operazione che non può che cominciare con la chiusura dei campi - spiega Flavio Ronzi, presidente della Cri di Roma - e l'apertura di un percorso sperimentale di progressiva inclusione nel tessuto urbano attraverso istruzione e lavoro».