Terrorismo, combattente Isis condannato a Roma a 8 anni

Terrorismo, combattente Isis condannato a Roma a 8 anni
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Mercoledì 26 Aprile 2017, 17:52 - Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 16:53

Condannato a 8 anni di carcere Vulnet Maqelara, conosciuto come Karlito Brigande, il macedone di 42
anni raggiunto da un'ordinanza di custodia in carcere nel marzo del 2016 perché accusato di essere militante jihadista affiliato all'Isis. Lo hanno deciso i giudici della terza Corte di Assise di Roma. Era accusato di appartenenza ad una associazione con finalità di terrorismo con l'aggravante della transnazionalità del reato. Vulnet Maqelara, alias Karlito Brigande, era stato arrestato a Roma lo scorso 12 marzo in un'operazione dei Ros.  

Di nazionalità macedone, con una sfilza di alias che lo rendeva invisibile: Makelara, Vulnet, Ramazan Ciu, Darko Stojanoski, Stankov. Un criminale di spessore, ricercato dalle autorità della Macedonia, divenuto un jihadista e pronto a farsi esplodere per colpire gli “infedeli”. Un profilo, quello del macedone (già in carcere per altri reati), che confermava i sempre più evidenti contatti tra la criminalità organizzata e Daesh, in una sorta di osmosi tra il mondo integralista e le reti di narcotrafficanti e mafie internazionali. 


Karlito Brigande era stato individuato qualche mese prima e arrestato in esecuzione di un ordine di arresto delle autorità macedoni per lesioni personali gravi, pericolosità pubblica, detenzione illegale di armi e materiale esplosivo, aggressione a pubblico ufficiale. Insomma, il profilo di un criminale comune. Quando i militari hanno messo il suo nome nel sistema sono immediatamente scattati i sospetti. Troppi alias, e, soprattutto, una passata militanza nell’organizzazione kosovara Uck. Nella sua casa nella zona di Roma est sono poi stati trovati materiali che hanno portato immediatamente le indagini verso una presunta appartenenza di Karlito Brigande alla jihad internazionale. 

Venne fermato nel 2015 poco prima che uscisse dal carcere, per andare a raggiungere in Iraq l'amico conosciuto nel penitenziario di Velletri e combattere sotto la bandiera dell'Isis. Oggi per Vulnet Maqelara, conosciuto come Karlito Brigande, è arrivata la sentenza di condanna in primo grado a 8 anni di carcere così come richiesto dalla Procura di Roma. La sentenza è stata emessa dalla III corte d'Assise nell'aula bunker di Rebibbia. Nei confronti del 42enne macedone, con un passato di militanza nell'esercito nazionalista dell'Uck, il reato contestato dal pm Marcello Monteleone è di appartenenza ad un'associazione con finalità di terrorismo, con l'aggravante della transnazionalità del reato. Per l'accusa siamo in presenza di un appartenente all'Isis che era pronto a partire per combattere al fianco dei militanti dello stato islamico.

Brigande, ex militante dell'esercito nazionalista Uck, venne raggiunto dall'ordinanza di custodia mentre si trovava detenuto nel carcere di Rebibbia. Oltre al cittadino macedone la Procura di Roma spiccò una richiesta di arresto anche per Firas Barhoumi, un cittadino tunisino di 29 anni attualmente latitante e la cui posizione è stata stralciata nel processo svolto nell'aula bunker di Rebibbia. Nel novembre del 2015 il cittadino macedone venne arrestato nell'ambito di un servizio di controllo del territorio perché ricercato in forza di un provvedimento dell'autorità giudiziaria macedone, per reati contro la persona ed il patrimonio commessi in quel Paese.

I carabinieri, in quella circostanza, oltre ad arrestare il latitante, riuscirono ad individuare e perquisire la sua abitazione dove furono trovate alcune lettere manoscritte contenenti frasi in arabo e fotografie con indizi di una sua adesione al radicalismo islamista. Dagli accertamenti del Ros è emerso che nei giorni antecedenti al suo arresto, Brigande era in contatto attraverso vari sistemi di chat, con Barhoumi, che già in quel periodo si trovava in Iraq, come «foreign fighter», a combattere in seno alle milizie terroristiche del «Daesh». Brigande, radicalizzato da Barhoumi durante un periodo di detenzione comune, sarebbe stato in procinto di partire per l'Iraq «con il preciso intento di essere aggregato nei quadri di lotta armata jihadista».

Lo stesso Barhoumi invita, in una comunicazione intercettata, a raggiungerlo in Iraq, dicendosi disposto a rimandare un'operazione suicida con un'auto per aiutare l'amico.
Nella conversazione Barhoumi diceva a Brigande: «...basta tu cerca per venire a Turchia resto ci penso io per te hai capito? Basta che tu venire a Turchia, hai capito?». E Brigande lo rassicurava: «Ok fratello cerco questo mese inshallah... cerco di venire più presto». E Barhoumi gli comunicava che per aspettarlo avrebbe fatto slittare «una operazione suicida: prendo una macchina con l'esplosivo dentro per fare un'operazione contro i kuffar (miscredenti, ndr) inshallah, se mi dici una promessa che tu venire dopo un mese io posso allontanare la data dell'operazione».

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