Cartelloni, altolà di Marino
«No alle affissioni fuori dal bando»

Cartelloni, altolà di Marino «No alle affissioni fuori dal bando»
di Simone Canettieri
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Lunedì 28 Luglio 2014, 08:52 - Ultimo aggiornamento: 09:52
Sarebbe una vergogna. Il sindaco Ignazio Marino quando gli hanno riferito l’intenzione della sua maggioranza di modificare durante la sessione del Bilancio il Piano regolatore degli impianti pubblicitari (Prip) ha fatto due cattivi pensieri.



Il primo è stato molto politico: «I partiti, specie quelli di sinistra, non possono continuare ad avvallare lo scandalo dei cartelloni abusivi a Roma». Il secondo ragionamento del primo cittadino è stato più amministrativo: «Dopo 25 anni la Capitale ha la possibilità di regole chiare e trasparenti sulle affissioni: ho preso questo impegno anche il Governo. Svuotare la delibera per favorire qualcuno sarebbe una vergogna». E qui il pensiero di chi ha assistito ieri a questi sfoghi è andato diretto a quanto accaduto con lo sconto che l’Aula ha fatto ai camion bar, nonostante la diversa indicazione della giunta sulla Cosap. E anche in questo l’opposizione, o una parte di questa, potrebbe giocare di sponda, ritirando i duemila emendamenti in cambio di un accordo.



Ma Alessandro Onorato a nome della lista Marchini si sfila da questa logica: «Niente inciuci, come sui camion bar noi non siamo disponibili a pratiche consociative. Siamo per le iniziative alla luce del sole», dice il capogruppo. Che aggiunge: «Servono regole chiare per il decoro della città e allo stesso tempo non si possono fare dei bandi per favorire solo alcuni colossi imprenditoriali».



IL NODO

Ma cosa potrebbe accadere sul Prip? La delibera in questione fa parte delle sei propedeutiche che mancano per il sì finale al bilancio di previsione 2014. Il nuovo piano regolatore prevede la messa a bando del 100 per cento degli spazi (che si ridurranno da 224mila a 138mila) divisi in dieci lotti. Per un incremento del 130% di denaro incassato dal Comune: si punta a 30 milioni all’anno rispetto ai 13 del passato. La maggioranza, però, ha una visione differente da quella della giunta: vuole tirare fuori dal bando una quota che oscilla tra il 15 e il 20 per centro per favorire le imprese virtuose che nel corso degli anni non hanno contribuito alla giungla delle affissioni abusive nella Capitale. Lo scontro in atto tra maggioranza e giunta sta qui. Marino, che presentò il nuovo piano regolatore con tanto di conferenza stampa a fianco dell’assessore alle Attività produttive Marta Leonori, è per il bando totale con «sgravi» per le imprese corrette; la maggioranza ha un’altra visione.



Il sindaco, allo stesso tempo, sa anche che la settimana al via oggi è molto delicata per il Campidoglio: la maggioranza deve licenziare il bilancio (tra mercoledì e giovedì), poi ci sono due delibere fondamentali, la variazione urbanistica di via Guido Reni e il piano alienazioni da 240 milioni di euro, da approvare a tutti i costi. Ecco perché uno scontro sul Prip tra esecutivo e assemblea potrebbe compromettere il resto delle partite.



LA MEDIAZIONE

In queste ore lo staff di Marino e la maggioranza sono al lavoro. Il sindaco al massimo e obtorto collo potrebbe arrivare a concedere un 10 per cento di spazi da mettere fuori bando. «Ma non di più, e solo per senso di responsabilità», nei confronti di un contesto delicato che non può subire scosse telluriche.



LA PROTESTA

Che il Prip sia un tema sensibile lo si capisce anche dalla mobilitazione di queste ore sui social network. Su Twitter e Facebook i gruppi che si battono contro il degrado stanno rilanciando l’allarme: temono che il piano preparato venga affossato. E un gruppo di associazioni - che hanno anche scritto al premier Matteo Renzi - sono pronte a invadere l’Aula Giulio Cesare per protestare contro possibili colpi di mano al grido ”il Prip non deve morire”. In questo clima nulla è escluso. E c’è anche chi, nell’opposizione, prospetta un rinvio della delibera a data da destinarsi. Possibilità cassata sul nascere da Fabrizio Panecaldo: «Non se ne parla, andiamo avanti. Sarebbe una vergogna».