Per capire perché la mafia di Roma, «originaria e originale», sia stata bocciata dal Tribunale, bisognerà aspettare l'autunno, ma il dispositivo offre già alcuni elementi per ipotizzare quale valutazione sia stata fatta dalla Corte: le pene per politici e funzionari a processo, escludendo gli imputati che facevano parte dell'associazione a delinquere, sono cresciute rispetto alle richieste dell'accusa. Per il Collegio, le responsabilità dei pubblici ufficiali sono più pesanti di quanto la procura non abbia valutato. Il caso di Luca Odevaine è il più eclatante, ma non è il solo.
IL CARCERE DURO
Gli avvocati di Carminati attendono che il Dap invii al ministero la relazione che consenta al Nero di lasciare il regime di carcere duro al quale è sottoposto a Parma. Poi sarà il ministro Orlando a firmare il decreto, tutto dovrebbe avvenire in tempi stretti, già la prossima settimana. L'avvocato Alessandro Diddi, difensore di Buzzi, invece annuncia che lavorerà per fare ottenere al re delle coop i domiciliari, dopo circa due anni e mezzo di carcere preventivo.
Intanto sembra escluso che i cinque imputati ancora in carcere, oltre a Buzzi e Carminati, Fabrizio Testa, Riccardo Brugia e Matteo Calvio, possano tornare liberi per decorrenza dei termini di custodia cautelare. La deadline è aprile 2019, i tempi sono larghi. Se l'appello per mafia capitale non comincerà entro questa data, le porte del carcere si spalancheranno. Prima di allora Buzzi, Carminati, Testa, Brugia e Clavio potrebbero tornare in libertà su decisione del Tribunale di sorveglianza, ma sembra un'ipotesi remota. Neppure la derubricazione del reato da 416 bis a semplice associazione mafiosa consente agi principali imputati del processo di tornare a casa.
IL RICORSO
L'aumento di pena più consistente è quello del componente del tavolo per i Rifugiati, Luca Odevaine, condannato a otto anni in continuazione con la pena patteggiata. Per lui la procura aveva chiesto due anni e mezzo. Nell'elenco degli imputati con condanna lievitata ci sono anche l'ex presidente del Consiglio Comunale Mirko Coratti, per il quale i pm avevano chiesto una pena di quattro anni e sei mesi, è stato condannato a sei, per il suo capo segreteria, per Claudio Turella l'ex funzionario del servizio Giardini, a fronte di una richiesta di sette anni di carcere, è arrivata una condanna a nove. Per Pierpaolo Pedetti, presidente della commissione Patrimonio del Comune, si passa da una richiesta di pena di quattro anni a una condanna a sette, anche per il presidente del decimo municipio, Andrea Tassone, la pena è più alta della richiesta: cinque anni a fronte di quattro. Lo stesso per il dipendente della Regione Guido Magrini, quattro anni la richiesta e cinque la condanna L'unica eccezione è quella del consigliere di Forza italia Giordano Tredicine, condannato a tre anni, la procura ne aveva chiesti quattro. Non è soltanto caduta l'associazione di stampo mafioso, riqualificata in semplice associazione a delinquere dal dispositivo, letto in aula dal presidente del Tribunale Rosanna Ianniello, emerge così un altro dato significativo, che sarà certamente chiarito nelle motivazioni, ma induce già a pensare a una diversa valutazione del ruolo di dirigenti e politici tra pm e Tribunale.