Roma, morta al Forlanini, caccia al pusher di Sarah: rissa dopo il decesso per la droga tagliata male

Roma, morta al Forlanini, caccia al pusher di Sarah: rissa dopo il decesso per la droga tagliata male
di Maria Lombardi
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Mercoledì 15 Giugno 2016, 08:13 - Ultimo aggiornamento: 09:18


Sarah è appena morta tra le braccia della madre, su una barella arrugginita in uno dei padiglioni abbandonati del Forlanini. L'ha uccisa una dose di eroina, qualcuno le ha ceduto droga tagliata male. C'erano due afgani accanto a lei, racconta giorni dopo la madre al magistrato, quando l'hanno vista sono fuggiti via. Quella stessa sera di una settimana fa, nell'ospedale rifugio per tossici e sbandati scoppia una maxi-rissa. Il corpo di Sara viene portato via, chi ha visto e saputo quello che è successo realizza subito che saranno guai. Li verranno a cercare, daranno la caccia al pusher e quelle camerate fuori dal mondo dove tutto è possibile non saranno più un luogo invisibile. Chi le ha dato quella dose maledetta? Chi l'ha uccisa? Si apre immediatamente, nei sotterranei del Forlanini, un regolamento di conti sulla morte della sedicenne.
In una zona lontana da dove è stato trovato il corpo della ragazza, si scatena la violenza. Sono stati gli afgani, accusano i marocchini, e li affrontano per punirli. I due gruppi si fronteggiano, sono loro a dividersi lo spaccio nelle zone lì intorno e in quelle dove la notte si va in giro a cercare la roba: Trastevere, Ostiense, Pigneto, Termini. Ma la droga si vende anche all'interno dei padiglioni, di notte. Gli afgani al momento sono più forti, hanno il controllo del mercato dell'eroina che adesso costa la metà della coca ed il consumo è di nuovo alto, come tanti anni fa. Volano pugni, calci, bottiglie, si tirano fuori coltelli. Il giorno dopo a terra c'è un tappeto di frammenti di vetro, sangue ovunque. Ci saranno stati dei feriti, nessuno finisce in ospedale. La violenta rissa per la morte della ragazzina resta confinata in quei locali dimenticati e non se ne sa nulla.
 
LE INDAGINI
Continua la caccia al pusher che è accusato di omicidio volontario e spaccio di sostanze stupefacenti. La Procura di Roma adesso indaga per queste ipotesi di reato, non più istigazione al suicidio come era indicato sul fasciolo aperto subito dopo il ritrovamento del cadavere e rimasto per giorni a carico di ignoti. La svolta nell'indagine, condotta dal pm Antonino Di Maio, arriva a tre giorni dalla testimonianza della madre della giovane, ascoltata a lungo venerdì scorso dal magistrato. Nell'inchiesta c'è un primo indagato, lo spacciatore che avrebbe fornito la droga all'adolescente. Intanto, gli inquirenti attendono l'esito degli esami tossicologici sul corpo della ragazza. Dai risultati preliminari pare non fosse affetta da alcune particolare patologia e da tempo aveva cominciato un percorso di disintossicazione.
La madre di Sarah Bosco aveva perso le tracce della figlia dopo che la ragazzina, tossicodipendente, si era allontanata dalla loro casa di Santa Severa. Mercoledì scorso l'ha finalmente rintracciata: era sdraiata su una barella in quello che viene chiamato il «tunnel del delirio», nel padiglione Pneumologia dell'ex ospedale. La donna ha provato a rianimarla, ma non c'è stato niente da fare. Sarah già altre volte si era allontanata da casa e, in precedenza, era anche scappata il 5 giugno dalla comunità di recupero di Perugia, dove la madre l'aveva convinta a entrare per disintossicarsi.

I SOCCORSI
«Quando ho trovato mia figlia - ha raccontato al pm Catia - erano con lei due ragazzi afgani che sono fuggiti. Ho chiesto al personale del Forlanini di mandarci un'ambulanza interna, mi hanno detto di chiamare il 118. Ho provato a salvare Sarah - insiste la donna - ho provato a rianimarla, ma lei era già morta. Quante volte ho dovuto cercarla, era cresciuta a Santa Severa, poi è finita nella droga, è stata mandata alla comunità di recupero, si occupavano di lei i servizi sociali. Ma scappava sempre». Questa volta quando la mamma l'ha trovata era troppo tardi.