Roma, studente Usa morto nel Tevere, il clochard arrestato accusa: «Un altro lo ha spinto»

Roma, studente Usa morto nel Tevere, il clochard arrestato accusa: «Un altro lo ha spinto»
di Michela Allegri
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Giovedì 28 Luglio 2016, 08:41 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 14:07

Le manette intorno ai polsi, i capelli intrecciati e raccolti, scortato da due guardie carcerarie e dall'avvocato. Massimo Galioto arriva in Procura alle 13. Se ne andrà dopo un'ora d'interrogatorio davanti al pm che lo accusa di omicidio volontario, per aver spinto nel Tevere il diciannovenne americano Beau Solomon, poi annegato, nella notte tra il primo e il 2 luglio. «Non sono stato io a spingerlo. Abbiamo discusso, ma davanti a lui eravamo in cinque: è stato qualcun altro», sostiene l'indagato, un clochard quarantunenne che vive con la compagna nella banchina sotto ponte Garibaldi, in un accampamento di fortuna.

 

I NOMI
Galioto fa i nomi dei quattro punkabbestia che hanno partecipato al diverbio con lo studente americano. Tra loro, a suo dire, si nasconderebbe il reale autore dell'omicidio. Non è tutto. Il senzatetto è stato arrestato sulla base delle dichiarazioni della fidanzata, Alessia Pennacchioli, poi incrociate dagli inquirenti con i filmati delle telecamere di sorveglianza puntate sull'argine del fiume. La donna ha raccontato di aver visto il compagno spingere l'americano dopo avergli dato un calcio e avergli tirato una pietra. Circostanze smentite da Galioto che, prima di terminare l'interrogatorio, chiede al pm un confronto con la donna. I due, quindi, si potrebbero trovare presto uno contro l'altra.
«Non so perché mi abbia accusato, ho fatto tanto per lei, l'ho aiutata a disintossicarsi - riferisce poi l'indagato tramite il difensore, Michele Vincelli - racconta di avermi visto spingere Solomon, ma com'è possibile? Quando è finito in acqua io e lei stavamo parlando e abbiamo sentito il tonfo». Galioto aggiunge però di non aver visto il momento della caduta del giovane nel Tevere. Il magistrato gli fa quindi notare che alcuni testimoni hanno detto di averlo sentito gridare: «Ti ammazzo». Lui replica affermando di aver solo tentato di far andare via Solomon, che era ubriaco e accusava i punkabbestia di averlo derubato.
Le contestazioni contro il clochard sono formalizzate nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Maria Agrimi. A dire del giudice, Galioto avrebbe urlato a voce talmente alta da poter essere udito dalla sponda opposta del Tevere, quella dirimpetto alla banchina sotto ponte Garibaldi, l'argine che s'affaccia su «un tratto pericoloso», dove le correnti diventano rapide e tutt'intorno sono rocce. È lì che Solomon è morto annegato, dopo che Galioto l'avrebbe fatto cadere in acqua tirandogli contro una pietra e colpendolo con calci e spintoni. A incastrare il clochard, le immagini delle telecamere e le dichiarazioni della fidanzata e di un amico. I due, convinti in un primo momento a mentire agli inquirenti, avrebbero poi deciso di dire la verità.
 
L'INTERCETTAZIONE
I punkabbestia erano intercettati. Agli atti, anche una telefonata in cui la Pennacchioli si sfoga: «Non voglio tornare in carcere», sbotta. Ora Galioto contesta le accuse. Insieme al pm guarda i filmati che lo incastrerebbero. I fotogrammi sono sgranati, si vedono solo ombre. Si distinguono però le tonalità delle magliette indossare dalla vittima e dai clochard. Beau ha una t-shirt bianca, Galioto è in nero. «Io sono questo», dice puntando il dito sullo schermo. «Chi ha spinto Solomon sembra indossare una felpa chiara, non è il mio assistito», commenta poi l'avvocato Vincelli. Il senzatetto si è già rivolto al Tribunale del riesame. I giudici hanno negato la scarcerazione, ma hanno riqualificato il reato: non si tratterebbe di un omicidio volontario, ma preterintenzionale.