Baby squillo, gli sfruttatori non si pentono. Il Riesame: «Senza alcun senso di vergogna»

Baby squillo, gli sfruttatori non si pentono. Il Riesame: «Senza alcun senso di vergogna»
di Adelaide Pierucci
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Giovedì 12 Dicembre 2013, 08:20 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 10:11
Lolite vendute al miglior offerente ma anche imbottite di cocaina, smerciata loro senza scrupoli e senza senso di vergogna.

Si completa lo scenario dell’inchiesta baby squillo che a Roma ha portato all'arresto di sei persone. Il tribunale del Riesame ha ricostruito il mondo della droga tra festini, alcove e disco pub, e ha negato la scarcerazione dei due uomini pronti a fornirla alle ragazzine. Restano così in carcere Mirko Ieni, sfruttatore delle due adolescenti e, all'occorrenza, pony express di “bianca neve”, e Marco Galluzzo, imprenditore pronto a pagare prestazioni sessuali con la cocaina. «I fatti risultano di particolare gravità», è stata la conclusione del Riesame, «perché commessi a danni di minori senza alcuno scrupolo di preservarne la salute psicofisica».



SENZA VERGOGNA

Di più: nell’ordinanza i giudici si soffermano sull'atteggiamento avuto da Ieni dopo l'arresto. «Per l’estrema gravità delle condotte poste in essere va adeguatamente valutata anche la circostanza che non è dato da apprezzare un senso di vergogna, di autocritica, di ripensamento postumo o, quanto meno di valutazione della gravità della condotta, essendosi Ieni limitato a negare fermamente le sue responsabilità senza operare alcuna rivisitazione critica dell'azione poste in essere». Da qui l’esigenza di confermare gli arresti, anche per «tutelare le vittime».



Anche per Galluzzo, finito in carcere il 12 novembre scorso, valgono «le stesse considerazioni espresse per Ieni». E non solo: per lui - scrivono i giudici - l'intensità del pericolo di recidiva risulta dalla modalità della cessione della cocaina, «condotta realizzata in modo sistematico e continuativo, non solo nei confronti delle due minorenni, ma anche rispetto ad altri innumerevoli soggetti suoi clienti». Una «vera e propria rete di acquirenti e fornitori» insomma, a cui veniva data «verosimilmente» anche la possibilità di consumare lo stupefacente nella propria abitazione.



LA DIFESA

Non hanno retto, insomma, di fronte ai giudici del Riesame le due carte giocate dalla difesa degli arrestati, ossia che la droga veniva consumata in gruppo e quindi non doveva ritenersi ceduta, e soprattutto che gli indagati non potevano conoscere né intuire l'età delle due ragazzine, tenuto conto del ”modus vivendi” di Angela e Agnese (i nomi sono i fantasia, ndr). Una montatura secondo i giudici. Mirko Ieni, l'uomo che aveva preso in affitto la casa ai Parioli per far prostituire a tempo le due minorenni, «faceva finta di non sapere l'età al fine di precostituirsi una giustificazione», per alleggerire la sua posizione di sfruttatore e di spacciatore. Tant'è che le chiamava «le ragazzette», e le sottoponeva a una «ferrea vigilanza». «L'evidente particolare giovinezza delle due baby prostitute» scrivono i giudici «era manifesta anche ai clienti, tant'è che alcuni dei quali addirittura rinunciavano alla consumazione dell'atto sessuale dopo averle viste ed essersi accorti della indubbia minore età». Non a caso anche Galluzzo, l'altro pusher delle baby squillo soprannominato cliente ”Bambus” proprio perché forniva la droga, le portava in un motel in cui non chiedevano documenti per consumare sesso e coca. Le ragazzine prima degli incontri si raccomandavano «Vorremmo il regalino buono». La coca. Cocaina che, extra-servizio, quando tornavano ad essere solo due ragazzine indisciplinate, consumavano ogni sabato sera in discoteca. Per Galluzzo un unico ”sconto”. I giudici gli hanno riconosciuto soltanto il reato di cessione di droga e prostituzione minorile. Quello di induzione è stato invece escluso.
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