Il nuovo fronte Atac, chiesto il fallimento: corsa contro il tempo

Il nuovo fronte Atac, chiesto il fallimento: corsa contro il tempo
di Lorenzo De Cicco
3 Minuti di Lettura
Venerdì 1 Settembre 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 14:36

Lo spettro della bancarotta, per la più grande partecipata dei trasporti d’Italia, non è mai stato così reale come ora. «Atac deve essere dichiarata insolvente», c’è scritto nell’istanza di fallimento depositata ieri al Tribunale di Roma da uno dei tre grandi fornitori di carburante della municipalizzata capitolina, un gigante da 12mila dipendenti con un debito che sfiora 1,4 miliardi di euro. Ora il giudice avrà 30 giorni per decidere se accogliere o meno la richiesta dell’impresa creditrice, che svolge il ruolo di intermediario tra i colossi del petrolio e l’azienda controllata al 100% da Palazzo Senatorio.

LE MANOVRE
La mossa che rischia di mettere kappaò il grande malato del gruppo Roma Capitale arriva alla vigilia del Consiglio d’amministrazione che, stamattina, dovrebbe formalizzare l’avvio della procedura per il “concordato in bianco”, cioè un piano di risanamento da attuare sotto la marcatura stretta del tribunale fallimentare (e di un commissario). Dopo giorni di riunioni, la sindaca Virginia Raggi ha sciolto le riserve a inizio settimana, col placet della Casaleggio Associati e del candidato premier in pectore del M5S, Luigi Di Maio, che già da settimane, a suon di dichiarazioni e comizi, aveva fatto capire che fosse questa la strada da imboccare. Spiegando che di alternative al concordato non ce ne sono. «A meno che non si voglia ricorrere ai capitani coraggiosi, modello Alitalia, ma non è questa la nostra via». In questa operazione rientra l’ingaggio, nella giunta romana, di Gianni Lemmetti, “girato” a metà agosto dal comune grillino di Livorno dove, da assessore al Bilancio, riuscì a risanare la malconcia azienda dei rifiuti locale proprio tramite un concordato. Nella Città eterna la missione di Lemmetti rischia di essere molto più tortuosa. L’istanza di fallimento presentata ieri rende ancora più deboli le carte in mano al Campidoglio. Anche perché la contromossa della giunta M5S non sarà immediata: dopo il voto del Cda di oggi, servirà un passaggio in Assemblea capitolina. Solo allora l’azienda potrà presentare il piano al giudice fallimentare. Verosimilmente, proprio nel momento in cui il Tribunale dovrà decidere se accettare o meno la richiesta di default depositata ieri. Se il concordato superasse questo scoglio - tutt’altro che scontato, a questo punto - bisognerebbe comunque convincere i creditori ad accettarlo, compreso chi ieri ha chiesto ai giudici il crac di Atac. Manovra tutt’altro che agevole. Ad oggi, sulle casse dell’azienda comunale gravano oltre 247 milioni euro di debiti per le fatture ricevute e mai saldate. I creditori di Atac, anno dopo anno, sono lievitati fino a sfiorare quota 1.200. Insomma, oggi la partecipata romana si ritrova con più creditori che bus circolanti.

L’ADDIO
Nel frattempo l’azienda sull’orlo del crac è chiamata ad affrontare l’ennesima crisi interna e un altro cambio di governance. Trenta giorni dopo l’addio, tra le polemiche, di Bruno Rota e il siluramento dell’ex amministratore unico Manuel Fantasia, ieri si è dimesso anche il direttore operativo Alberto Giraudi, il numero 2 della società guidata da Paolo Simioni, a cui è stato affidato il triplo incarico di presidente, ad e direttore generale, su cui indaga l’Anticorruzione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA