Roma, le mani dei politici sull'Arsial: stipendi d'oro, acquedotti colabrodo

Roma, le mani dei politici sull'Arsial: stipendi d'oro, acquedotti colabrodo
di Massimo Martinelli
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Mercoledì 5 Marzo 2014, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 09:02
Per capire meglio come pu essere accaduto che cinquemila romani si trovino oggi con l’acqua avvelenata che esce dai loro rubinetti, bisogna partire dall’Arsial , l’Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura nel Lazio, che pur gestendo una valanga di milioni di fondi europei, non riusciva nemmeno a farsi approvare un bilancio dalla Regione Lazio. Una storia esemplare della malagestione e delle voragini nei conti che si verificano quando le mani dei politici si avventano per anni su società ed enti che in realtà dovrebbero fornire servizi essenziali ai cittadini. Oggi alla guida dell’agenzia c’è uno dei fedelissimi del governatore Zingaretti, non come presidente ma commissario; perché l’Arsial, non producendo bilanci da almeno un paio di anni, era commissariata da tempo.



Assunzioni La gestione di questa Agenzia pubblica che ha la responsabilità di una rete idrica che serve una bella fetta della capitale, tuttavia, non ha mai risentito delle difficoltà caratteristiche delle varie gestioni commissariali. Anzi, come dimostra l’infornata di assunzioni che uno dei direttori generali, Carlo Gabrielli, annunciò alla stampa nel gennaio 2013, quando il commissario era Erder Mazzocchi: 29 funzionari assunti in blocco per una somma complessiva di 348mila euro l’anno. Che sommati agli stipendi annuali dello stesso Gabrielli e degli altri quattro dirigenti dell’agenzia arrivavano quasi al milione l’anno. Che per un’agenzia in difficoltà di bilancio era sempre una bella cifra. «E pensare che le posizioni organizzative le abbiamo tagliate, erano 59. La stessa cosa è successa con i dirigenti, da 10 siamo passati a 5 più uno a tempo determinato. Con un'evidente risparmio rispetto allo sperpero del 2008», spiegava Gabrielli a chi gli chiedeva se quelle assunzioni fossero proprio necessarie. Poi è arrivato il fedelissimo di Zingaretti, Antonio Rosati, direttamente dagli uffici della Provincia e con i galloni da supercommissario. Pronto a gestire i 700 milioni di euro che l’Europa sta per riversare nelle casse dell’Arsial nei prossimi sei anni. «Sì, ma sono capitali a destinazione vincolata, da destinare al Piano di Sviluppo Rurale», si è schernito Rosati in una recente intervista, forse per allontanare gli appetiti dei politici, visto che per anni l’Arsial era considerata alla stregua di un Bancomat dei partiti. Alcune inchieste giudiziarie lo testimoniano.



Le inchieste Intanto oltre all’ultima grana giudiziaria che riguarda l’acqua all’arsenico, il commissario Rosati dovrà portare a l’Arsial fuori dalle varie inchieste già aperte sull’operato di singoli dirigenti soprattutto per quanto riguarda l’assegnazione dei fondi rurali, dei finanziamenti europei e delle assunzioni. Una delle ultime riguarda una società che aveva ottenuto un finanziamento per attività agricole a Capocotta, con tanto di cessione di terreni e di casali. La documentazione che doveva essere depositata prima del versamento dei soldi non è mai arrivata e anche la struttura societaria è cambiata contro ogni normativa. Un paio di dirigenti sono finiti sotto inchiesta. Ma L’Arsial ha continuato a macinare milioni senza apparente controllo.
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