Roma, i cassonetti beffa dell'Ama: dovevano “sparire” ma sono ancora tutti lì

Roma, i cassonetti beffa dell'Ama: dovevano “sparire” ma sono ancora tutti lì
di Camilla Mozzetti
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Mercoledì 20 Gennaio 2016, 08:29 - Ultimo aggiornamento: 21 Gennaio, 10:53

Sarebbero dovuti scomparire nell'arco di pochi giorni. Qualche settimana al massimo. E, invece, sono ancora lì che attanagliano le strade di Roma, occupando anche i marciapiedi in pieno centro. Assediati quotidianamente da zingari o da chi va in cerca di un maglione da indossare o rivendere sottobanco nei mercati illegali di Porta Maggiore o della Piramide. Era il 15 novembre del 2015 quando l'Ama prometteva di risolvere l'annosa questione dei cassonetti gialli porta-indumenti. Annosa perché su quei contenitori era persino arrivata la mano di Mafia Capitale. Nati principalmente per scopi benefici - perché i vecchi jeans, i capi d'abbigliamento o di biancheria, le scarpe o le borse che venivano raccolte, sarebbero dovute arrivare poi, dopo un'accurata pulizia, alle parrocchie, alle associazioni di volontariato, in sostanza ai poveri -, nel corso degli anni, invece, quei cassonetti (1.800 in tutta la Capitale) si erano trasformati anche in un florido business illegale.

LA RELAZIONE
È la relazione sugli esiti dell'accesso presso Roma Capitale del Prefetto Franco Gabrielli, datata 5 novembre 2015, a decretarlo. L'Ama nel 2008 affidò l'appalto per la gestione, il ritiro e il riutilizzo degli abiti a due consorzi, Sol.Co e Bastiani. Nel documento firmato dal Prefetto di Roma emersero delle "condotte non corrette delle due società" sia per la partecipazione alla gara del 2008 sia per "l'esistenza di gravi infiltrazioni mafiose", nella gestione del servizio.
 

L'ULTIMATUM
Pare, infatti, che i due consorzi, destinassero solo una minima parte della raccolta a iniziative umanitarie, mentre il resto degli indumenti sarebbe stato rivenduto all'estero, nei mercati dell'Est-Europa, contravvenendo anche ai basilari processi di pulizia e bonifica degli indumenti stessi.
L'Ama decide di revocare l'appalto alle due società intimando loro la rimozione immediata dei cassonetti. Sono passati due mesi è la questione resta ancora aperta. Nel frattempo è nata una battaglia legale di fronte al Tribunale amministrativo del Lazio con le due società che hanno impugnato il provvedimento di revoca di fronte ai giudici. Ora, fanno sapere dall'Ama, pare che la faccenda si sia risolta. I due consorzi dovranno, entro la fine del mese, ritirare da tutte le strade della Capitale quei cassonetti, pena la rimozione in danno da parte dell'Ama.
L'impressione è che non sia cambiato nulla. I cassoni gialli continuano ad accogliere vestiti e a fungere anche da supermarket gratuiti per i procacciatori di abiti. È questo lo scenario attuale: da via Cavour a via Santa Croce in Gerusalemme, a via Sampiero di Bastelica e ancora in via Casilina, in via Guglielmo degli Ubertini e in piazza del Condottieri, i contenitori restano lì senza nessun cartello che informi dell'immediato ritiro, al contrario. Qualcuno continua persino a infilarci la testa dentro nella speranza di poter tirar fuori un paio di scarpe o un cappotto usati.

LA GARA
L'Ama, intanto, sta ultimando il nuovo bando per l'acquisto dei nuovi 1.800 raccoglitori e per la gestione della raccolta degli indumenti usati da affidare ad altri soggetti. L'avviso di gara - del valore di un milione 500mila euro - sarà pubblicato entro il 31 gennaio, mentre nei prossimi mesi si chiuderà il secondo bando per il trattamento igienico dei vestiti recuperati.