LA TANGENZIALE
Ieri intanto è iniziata la seconda fase di interventi per il ripristino della frana sulla Tangenziale. «Si è conclusa la prima parte - spiega l’assessore ai Lavori Pubblici, Paolo Masini - con il disboscamento dell’intera scarpata, l’eliminazione dei pannelli, i monitoraggi casa per casa nei palazzi». Ora il progetto, realizzato in collaborazione con l’Acer e il Centro di ricerca previsione prevenzione e controllo dei rischi geologici della Sapienza, prevede la realizzazione di paratie di pali a monte della frana e di una struttura in calcestruzzo di sostegno al piede della zona per 60 metri. L’intervento dovrebbe concludersi entro l’estate. «Da mesi denunciamo l’immobilismo dell’amministrazione - ribatte Fabrizio Ghera, capogruppo di Fratelli d’Italia - Così come nei giorni scorsi abbiamo evidenziato la paradossale vicenda del progetto per la messa in sicurezza della frana. Una lentezza inspiegabile, nonostante alcuni privati già da settimane avessero redatto e consegnato al sindaco un progetto a costo zero».
MONTE MARIO
Sono chiuse al traffico da otto settimane sia la Panoramica (dalle 23 alle 7) che via Trionfale. Qui gli smottamenti sono continui, l’ultimo dieci giorni fa, e le difficoltà non mancano. È aperta infatti una sola carreggiata a doppio senso di marcia e c’è ancora un’instabilità molto forte del terreno. «Ma su via Trionfale c’è una buona notizia - conclude l’assessore - entro la metà di aprile inizieranno i lavori per le opere a margine della carreggiata, che dureranno 60 giorni e consentiranno di riaprire la strada». Da ieri è online all’indirizzo www.comune.roma.it/infrastrutture una pagina su cui sarà possibile seguire l’aggiornamento degli interventi sulle frane.
CASSIA
A franare in questo caso sulla strada è stato un tratto di muro di contenimento che fa riferimento ad alcune villette private. Ci vorranno due mesi per riportare la situazione alla normalità, per una spesa di 1,3 milioni. I lavori, però, dovranno essere eseguiti «in danno», quindi pagati dai proprietari degli edifici. «Il cantiere è stato aperto - aggiunge Masini - ma con la spada di Damocle del ricorso al Tar presentato dai proprietari del terreno franato, la questione è complessa. Stiamo facendo tutto ciò che è nelle possibilità previste dalla legge in attesa del pronunciamento del Tar e della dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri».
TEVERE
Dalle ciclabili alle banchine passando per le poche aree verdi rimaste libere, il Tevere si presenta più «spaventoso» che mai a due mesi esatti dall’alluvione. Montagne di immondizia, buste di plastica (appese agli alberi al posto delle foglie), tronchi accatastati sugli argini, carcasse di motorini e di animali ricoprono le due sponde del fiume da Ponte Milvio a Ponte Marconi, per quasi 12 chilometri. E il fango è ovunque. Di fronte alla fortezza di Castel Sant’Angelo c’è (sulla banchina) una chiatta rimasta impalata durante l’alluvione. Nonostante il livello del fiume sia tornato da tempo alla normalità la chiatta è rimasta lì, abbandonata. E non è certo un bello spettacolo: così insieme alle bellezze della Capitale i turisti fotografano immagini di degrado. Attualmente gli enti responsabili del fiume (nella gestione e manutenzione) sono 16, ma il sistema di ripartizione delle competenze è complicato, neanche gli interessati ne hanno piena consapevolezza. La pulizia del fondo e delle acque (il dragaggio) ad esempio, spetta all’agenzia regionale per la difesa del suolo (Ardis), al Comune la pulizia delle piste ciclabili in convenzione con l’Ama, mentre ai Consorzi di Bonifica la gestione dei fossi. Poi ci sono le Autorità di Bacino, la Sovraintendenza archeologica e così via. Un affollamento di cariche, dipartimenti che manda in tilt anche le più semplici informazioni tra un ente e l’altro. Per non parlare poi della gestione delle emergenze. Già le emergenze, basta farsi un giro per vedere che nulla è cambiato.
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