Omicidio Varani, l'ex pugile: «Prato e Foffo volevano violentarmi»

Omicidio Varani, l'ex pugile: «Prato e Foffo volevano violentarmi»
di Adelaide Pierucci
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Sabato 19 Marzo 2016, 09:41
Il delirio sadico di Manuel Foffo e Marco Prato è cominciato prima del crudele assassinio di Luca Varani. Ed “Alex Tiburtina” (così era rubricato sul telefonino di Foffo), agganciato nella casa dell'orrore in via Igino Giordani, il giorno prima del delitto, potrebbe essere il miracolato. Nel terzo interrogatorio davanti ai carabinieri, Alessandro M., 35 anni, ex pugile, ha corretto di nuovo la sua versione: ha lasciato trapelare che sarebbe stato vittima di pressioni sessuali. «Ho temuto che volessero violentarmi» si è sfogato, riservandosi di decidere se presentare formalmente denuncia.

«Quel giorno ho ricevuto la telefonata di Manuel, poco dopo le quattro del mattino. Sul telefonino lo avevo registrato come “Manuel Ristorante”, l'avevo conosciuto mesi prima e speravo di andare a fare il lavapiatti nel suo locale, ma non l'avevo più rivisto. Mi invitava ad andare da lui, a casa. C'è una festa con tante caramelle, mi ha scritto. Così, visto che stavo ancora in un bar, ho preso un taxi e alle cinque ero già là, dove ho trovato anche un suo amico». «C'era coca, tanta, che ho sniffato anch'io» ha corretto dopo il primo interrogatorio, «Ma quelli volevano altro. Forse mi sono salvato perché gli ho fatto vedere due filmati mentre mi battevo sul ring». Già nella prima convocazione, il pugile aveva detto di aver avuto degli insoliti momenti di timore: «Volevano farmi bere un cocktail e Foffo mi stava sempre alle spalle. Erano in balìa della droga. Alle otto e mezzo del mattino sono andato via».

IL TESTIMONE
Il pm Francesco Scavo ora dovrà valutarne l'attendibilità. Il testimone potrebbe provare la scia della premeditazione del delitto. Manuel e Marco, nei tre giorni di festino in casa a base di droga e sesso culminato con l'omicidio di Luca Varani, infatti, hanno invitato una serie di conoscenti, chissà forse - è l'ipotesi dell'accusa - per provare quella che Foffo ha definito l'ebbrezza di uccidere.Il mercoledì nella casa era passato un militare Giacomo D., invitato da Prato con sms in lingua francese a sniffare «neve». Il giovedì è la volta di Alessandro, il pugile. E la sera di Riccardo, un cameriere del ristorante di Foffo, arrivato pure lui per assumere droga e poi rincasato dalla moglie. Prato dice che solo con Alessandro c'è un rapporto sessuale consensuale. Il pugile invece ora parla di un approccio violento a cui sarebbe riuscito a sfuggire. Il venerdì mattina nella casa viene invitato Luca Varani, il ventitreenne de La Storta, il più giovane. Lui non ne uscirà più vivo. Il venerdì notte, stremati, gli assassini dormono abbracciati, con il cadavere accanto. La cronistoria dell'orrore l'aveva ripercorsa il gip Riccardo Amoroso nell'ordine di arresto dei due. Il pm parla della droga, parla degli ospiti, e poi «della notte tra giovedì e venerdì quando Prato e Foffo sarebbero usciti in preda a un delirio sadico maturato nelle loro menti durante la notte di giovedì, avendo deciso di fare un giro in macchina con l'intento di trovare qualcuno da uccidere ma, non trovandolo, erano rientrati a casa, abbandonando il loro proposito».

IL MASSACRO
«Nella mattinata del venerdì giungeva la vittima, chiamata da Prato, la cui presenza avrebbe ridestato la loro comune intenzione di provare l'ebbrezza di uccidere» chiude il magistrato. Nei vari interrogatori, Foffo ha ammesso le torture riservate al ragazzo, con decine di colpi di martello e coltello inflitti da lui e dall'amico. Prato, sentito per ora solo una volta, invece, ha cercato di scaricare la colpa sull'altro. «Ho solo provato a strangolarlo, ma ha avuto un sussulto e ho desistito». Aveva usato un laccio per il bucato. Per la procura Prato, noto pr e gay dichiarato, non è credibile. E' in dubbio anche il suo tentato suicidio, dopo il delitto. Saranno risentiti tutti e due la prossima settimana.