La corsa per Expo 2030, Roma vede il ballottaggio: «Sfida aperta con Riad»

I sauditi possono contare su 60 voti, la Capitale in seconda posizione con 40. In autunno la scelta sulla sede dell’evento. La caccia ai consensi in Sudamerica e Africa

La corsa per Expo 2030, Roma vede il ballottaggio: «Sfida aperta con Riad»
di Francesco Pacifico
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Lunedì 1 Maggio 2023, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 3 Maggio, 10:41

Uno scenario da ballottaggio per novembre, con una sessantina di voti a Riad, una quarantina a Roma e una trentina a Busan. Ci vorranno ancora sette mesi prima che il Bie (il Bureau international des Expositions) assegni ufficialmente l’organizzazione dell’Expo 2030 e tra la Farnesina e gli addetti ai lavori girano queste stime (blindatissime) sui consensi alle tre principali candidate per l’evento. La quarta, l’ucraina Odessa, per motivi contingenti alla situazione bellica, parte indietro. Per la cronaca, va detto che questi numeri si riferiscono a voti potenziali, perché sono pochissimi i Paesi tra i 170 membri del Bie ad aver indicato la loro scelta rispetto ai progetti presentati da Arabia Saudita, Italia, Corea del Sud o Ucraina. Eppoi, come ripete chiunque in passato ha avuto a che fare con questa manifestazione, «al Bie i delegati decidono, quando va bene, cinque ore prima di doversi esprimere. E di solito il 30 per cento di loro, nel segreto dell’urna, si rimangia le promesse fatte nelle settimane o addirittura nei giorni precedenti al voto».

Partita aperta

Seppure siano parziali e si riferiscano molto spesso a mezze promesse o suggestioni, questi numeri sulle intenzioni di voto dimostrano che la partita per conquistare l’organizzazione di Expo 2030 è più aperta di quanto possa sembrare e che non era fuori luogo l’ottimismo che si respirava una settimana fa a Roma, durante la missione dei delegati del Bie con il segretario Dimitri Kerkentzes nella Capitale. E non è poco, se si pensa che fino a qualche mese fa, sembrava inarrestabile la corsa dei sauditi - forti anche dei loro petroldollari - o che la Corea del Sud aveva messo in campo tutta la potenza di fuoco (compresa quella diplomatica) dei suoi colossi high tech come Samsung o LG. Stando al complicatissimo sistema di voto del Bureau, l’Italia al momento può guardare con ottimismo al ballottaggio e poi giocarsi tutte le sue carte nelle votazioni successive. Al riguardo, Milano, nel 2008 quando ottenne l’organizzazione per l’edizione del 2015, partiva sfavorita.
Come detto, la partita è aperta anche se Riad continua a essere la favorita.

Lo dimostra in Europa l’appoggio di Francia e Grecia, Paesi che hanno rapporti consolidati con l’Italia. Spiegano però gli addetti ai lavori che, rispetto ai mesi scorsi, l’azione propositiva dei sauditi si è per certi aspetti affievolita, ma soltanto per il semplice fatto che si sono mossi con maggiore energia rispetto ai loro concorrenti e che hanno comunque quasi coperto il bacino potenziale di nazioni più allettate dalle loro offerte di collaborazione. Ma l’Arabia Saudita potrebbe ancora una volta far saltare il tavolo, perché rispetto al passato ha riallacciato o sta riallacciando rapporti con potenze internazionali come la Cina o regionali come l’Iran. La Corea del Sud, invece, sconta il fatto che nel 2025 l’Expo si terrà nel vicino Giappone, a Osaka, e un’ulteriore location asiatica potrebbe ingenerare qualche ritrosia nei Paesi europei e atlantici.

Dal canto suo Roma registrerebbe costantemente maggiore interesse verso la sua proposta. Intanto perché guarderebbe soprattutto ai Paesi medi o piccoli. E al Bie il voto delle piccole Bahamas vale quanto quello dei colossi come gli Stati Uniti. A queste nazioni propone condizioni molto vantaggiose: non soltanto progetti di collaborazione forti (leggi appalti o costruzioni di infrastrutture) come sauditi e concorrenti, ma pari dignità con i grandi e la possibilità di poter mettere un piede nel ricco mercato in Europa anche dopo la fine dell’Expo, aprendo uno stand nel parco di Tor Vergata.

I rumors dicono che a favore dell’Italia ci sarebbero Paesi come l’Angola, la Guinea, l’Islanda o la Nuova Zelanda. Più in generale Roma sembra ottenere più credito rispetto al passato tra le nazioni dell’Africa o del Centro e del Sud America. Spera nei governi lontani da Riad e Busan, mentre - al netto dell’appoggio dell’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell - non si farebbe molto affidamento sugli altri partner europei, che al Bie votano storicamente in ordine sparso. In quest’ottica, oltre al lavoro costante e capillare della diplomazia e del comitato promotore guidato dall’ambasciatore Giampiero Massolo, il governo sta studiando missioni mirate dei suoi ministri nei Paesi più incerti, che saranno decisivi al ballottaggio. Invece il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, avrebbe deciso di aumentare gli incontri in Campidoglio con personalità internazionali. Se non bastasse, sono scese in campo con i loro contatti internazionali anche le grandi imprese italiane, non soltanto quelle più interessate al tema scelto da Roma per Expo 2030 - la rigenerazione urbana - mentre si organizzano incontri con le comunità straniere presenti in Italia. A loro si chiede di scrivere ai propri governanti di votare a novembre per l’Italia.

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