Una nuova pista, una luce che potrebbe accendersi su un giallo della morte di José Garramon, il 12enne di nazionalità uruguayana e figlio di un funzionario delle Nazioni Unite, travolto e ucciso da un furgone Ford Transit la notte tra il 19 e il 20 dicembre 1983 nella pineta di Castel Fusano. Un caso che gli inquirenti hanno legato al mistero sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la quindicenne e cittadina vaticana sparita il 22 giugno del 1983. A dare una nuova spinta sul caso del bambino, come riporta il Corriere della Sera, è sua mamma Maria Laura Bulanti in Garramon. In una lunga intervista analizza e ripercorre alcuni passaggi, per lei determinanti. Intanto il collegamento tra i due casi è, ancora una volta Marco Accetti.
L'uomo che si era auto accusato di aver partecipato al rapimento Orlandi.
A spiegarlo è la stessa mamma di José: «Va fatta una premessa. Il 1983 è stato un periodo terribile nel nostro Paese, l'Uruguay. C'era il piano Condor, l'alleanza delle polizie segrete dei regimi sudamericani contro gli oppositori. Io e mio marito Carlos eravamo convintamente democratici, denunciavamo i crimini, ci schieravamo con le vittime perseguitate, gli scomparsi... ». Dunque il destino del piccolo Josè sarebbe stato legato a doppio filo al piano Condor e alle tensioni politiche di quegli anni. Accetti, in questo quadro, sarebbe stato un maldestro esecutore. "Mio marito era un giovane promettente nella sua carriera (Carlos lavorava a Roma all'Ifad, agenzia Onu per i progetti agricoli, ndr) ed era molto sensibile, impegnato contro le ingiustizie. Noi ci eravamo trasferiti in Italia negli anni '80, ma tenevamo i contatti con il nostro Paese. Eravamo chiaramente di sinistra, contro i dittatori. Questa la spiegazione. Ho sempre avuto il sospetto che anche la P2 abbia giocato un ruolo importante e che Accetti sia stato usato come pedina».