Raggi: «Non entro nel nuovo Senato». Così il sindaco taglia fuori Roma

Raggi
di Mario Ajello
3 Minuti di Lettura
Venerdì 25 Novembre 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 26 Novembre, 07:46
Nino Manfredi creò lo strepitoso personaggio del “barista di Ceccano”. Quello del «fusse che fusse a vorta bbona». Per paesi come Ceccano - o altri centri dell’Italia delle cento città e delle migliaia di municipi - la volta buona potrebbe consistere nel vedere un proprio sindaco diventare senatore nel nuovo Palazzo Madama, ridisegnato dalla riforma costituzionale. Ma perché invece Roma, che è la Capitale d’Italia, deve precludersi questa possibilità, insieme a Torino che a sua volta è stata Capitale? Le sindache grilline delle due città, Virginia Raggi e Chiara Appendino, sostenitrici del No referendario, sul blog di Grillo hanno avvertito che se venissero chiamate a rivestire il ruolo di senatrici - elette dai rispettivi consigli regionali che possono scegliere qualsiasi sindaco da mandare a Palazzo Madama, e in tutto dovranno essere 21 secondo la nuova legge, nel caso vinca il Sì - declinerebbero l’onore e l’onere. Il che significa che già danno per vittorioso il Sì, che loro disprezzano essendo del No? La Raggi si porta avanti nel lavoro dando per scontato l’esito per lei negativo del 4 dicembre? 

LO SPOT
C’è un motivo squisitamente politico, anche se questo la Raggi non lo dice, dietro lo spot appena confezionato. Ossia evitare ogni forma di collaborazionismo con il governo in carica, anche se non di collaborazionismo si tratterebbe ma più semplicemente di rispetto istituzionale e di piena assunzione del proprio ruolo di rappresentanza in un quadro nuovo.

Che è quello di una assemblea delle autonomie, il cui compito sarà quello di occuparsi dei territori e di tutte le importantissime questioni ad essi connesse, dai trasporti all’ambiente, dai rapporti tra enti locali e Stato alle leggi costituzionali e via dicendo con materie di tipo economico e sociale. Un Senato così, privato per motivi di militanza del sindaco della Capitale, sarebbe un Senato preventivamente svalutato e declassato. Così come Roma a sua volta sarebbe diminuita nel suo ruolo e potrebbe spingere di meno il proprio status. 
Una diminutio imposta non per ragioni di rispetto dei cittadini elettori - «Fare il sindaco è impegnativo e fare il sindaco di Roma potete immaginare quanto lo sia», sostiene la Raggi e insieme all’amica Appendino sembrano dirsi criticando il multitasking: «Ma con tutte le cose che abbiamo da fare, pure i ragazzini da prendere a scuola, nun c’avanza tempo....» - ma per strategia propagandistica. L’attuale inquilino del Campidoglio pare prediligere insomma, e non è la prima volta, la Ragion di Partito rispetto all’istituzione che rappresenta grazie al voto di una larga maggioranza dei romani, non tutti iscritti al blog di Beppe. 

MOSSE MILITANTI
Naturalmente i partiti dell’opposizione in Campidoglio, dal Pd ai Fratelli d’Italia, polemizzano con questa scelta della Raggi. Che rientra in un terzetto di mosse militanti in vista del referendum. La manifestazione per il No, promossa per sabato a Roma. La mozione anti riforma Boschi che il sindaco ha sollecitato al consiglio comunale. E infine il rifiuto del nuovo Senato. Ammesso che la Raggi venga votata, il che non è affatto detto considerando che il consiglio regionale del Lazio ha una maggioranza di centrosinistra. La sindaca si sottrae in anticipo allo scrutinio, e mette le mani avanti per evitare l’eventuale bocciatura?

Di sicuro, in questa auto-esclusione annunciata, sugli interessi di Roma fa premio l’ossequio ai diktat di Grillo e di Casaleggio junior, che stanno in una villa di Genova e in uno studio privato di Milano. L’obbedienza, come in certa vecchia politica, è quella che conta. O il fascino dell’eccentricità (mi si nota di più se partecipo o mi si nota di più se mi defilo?). Anche se Virginia non è Bob, e comunque Dylan il Nobel non lo ritira (a parte gli emolumenti ad esso connessi) e però lo ha accettato. E soprattutto, Virginia è Virginia e Bob è Bob. Ma come canta Dylan: “The Times They Are a-Changing”. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA