Salari a Roma, doppio piano: il Tesoro chiede gli arretrati

Salari a Roma, doppio piano: il Tesoro chiede gli arretrati
di Simone Canettieri e Lorenzo De Cicco
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Lunedì 11 Gennaio 2016, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 13:13

IL CASO
ROMA Il timer continua nel suo ticchettio: entro questo settimana la ragioneria del Campidoglio dovrà decidere se pagare o meno nelle busta paga dei suoi 23mila dipendenti il salario accessorio, contestato dal ministero dell'Economia. Che nel frattempo ha già fatto sapere di volere la restituzione delle voci erogate in maniera indebita (cioè a pioggia, senza produttività, dal 2012 a oggi). Una partita che il commissario del Comune Francesco Paolo Tronca si sta giocando su due livelli. Da una parte aspetta (e spera) che il Parlamento possa dargli una mano; dall'altra ha già iniziato a pensare a una contromossa, al piano B. Questa mattina il deputato del Pd Marco Causi presenterà un emendamento al decreto Mille Proroghe per garantire ai dipendenti capitolini i livelli salariali che hanno percepito fino a questo momento. Una via già intrapresa durante la conversione della legge di Stabilità ma subito accantonata dal Governo. Non se ne fece più nulla, nel timore di favorire con una norma ad hoc solo Roma, senza riformare tutto l'istituto contrattuale. Perché la questione riguarda altri comuni italiani. Anche questa volta Palazzo Chigi sembra essere abbastanza scettico: far spuntare ora un salva-salari per la Capitale solo perché tra sei mesi si vota rischierebbe di essere un boomerang.
 
LA DELIBERA
Ecco perché Tronca e il suo staff sono a lavoro per cercare un'altra scappatoia: va disattivata il timer di una bomba sociale pronta a esplodere. Maestre, vigili e funzionari sono pronti a paralizzare la città e i servizi essenziali. Lo staff dell'ex prefetto di Milano ha passato tutta la giornata di ieri in Campidoglio per trovare la soluzione. Al momento, anche in base ad alcune considerazioni che circolano all'Aran (l'agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, che fa capo a Palazzo Chigi), è spuntata l'ipotesi di modificare, con una delibera comunale, il fondo degli stipendi dei dipendenti romani, aumentando la parte fissa (oggi intorno al 50%) e riducendo drasticamente quella variabile, finita sotto accusa dal Mef proprio perché superiore ai limiti di legge. L'obiettivo sarebbe quello di uniformare Roma alle altre città d'Italia, dove la quota variabile dello stipendio si aggira intorno al 35%.
Ammesso che si riesca a mettere una toppa sulla situazione attuale, resta aperta la voragine dei conti del passato. Il Ministero dell'Economia ha già fatto sapere, in via informale, ai vertici del Comune che i dipendenti rischiano di essere chiamati a restituire le indennità a pioggia percepite irregolarmente dal 2012 a oggi. Quelle finite nel mirino degli ispettori del Ministero perché distribuite in automatico, senza nessun reale progetto di produttività, come prevede la legge. Non sono spiccioli: secondo la Corte di Conti, che indaga su un possibile danno erariale, si tratta circa 340 milioni di euro. Facendo un calcolo, oltre 4mila euro a lavoratore.
L'INCHIESTA
A paventare questa possibilità era stato proprio il Mef durante l'ispezione chiesta nel 2013 dall'allora sindaco Ignazio Marino. Da quel momento è iniziato un fitto scambio di pareri tra gli uffici di via XX Settembre e quelli di Palazzo Senatorio. Ma di passi avanti non ce ne sono stati. E ora a marzo il Ministero dovrebbe chiudere la questione con un'ultima valutazione, stavolta definitiva. La notizia circola anche tra i sindacati, che al momento la maneggiano con estrema cura. Il rischio quindi è che il Comune chieda a vigili, maestre e amministrativi di Roma di dare indietro la parte degli stipendi percepita illegittimamente, così come già accaduto a Firenze e a Livorno.