Romeo, le causali delle polizze: per la Raggi erano "motivi affettivi"

Romeo, le causali delle polizze: per la Raggi erano "motivi affettivi"
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Venerdì 3 Febbraio 2017, 14:45 - Ultimo aggiornamento: 15:53
Sono due le polizze vita stipulate da Salvatore Romeo con beneficiaria, in caso di morte, Virginia Raggi. Una da 30 mila euro stipulata nel gennaio 2016 e priva di scadenza, l'altra da 3000 euro con scadenza 2019. Per gli inquirenti non costituirebbero fatto penalmente rilevante in quanto non emergerebbe un'utilità corruttiva. Si tratta di polizze da investimento che non presuppongo la controfirma del beneficiario. Entrambe le polizze sono state mostrate alla sindaca ieri nel corso dell'interrogatorio. Virginia Raggi, secondo quanto si è appreso, è letteralmente «caduta dalle nuvole». Le polizze, secondo quanto si è appreso, erano da investimento e per quanto riguarda quella con scadenza, l'importo maturato può essere ritirato solo dall'investitore mentre il beneficiario può entrare in possesso del danaro sono in caso di morte del primo.

«Figlia» e «motivi affettivi». Queste le causali, ritenute «fantasiose» anche perchè Romeo non ha figli, sulle polizze stipulate da Salvatore Romeo. In una di quelle stipulate a favore di Raggi la dicitura riportata si riferiva a «motivi affettivi». In tutto Romeo ha investito 130 mila euro in polizze sulla vita, sette con Intesa-San Paolo per 90 mila euro, scegliendo come beneficiari anche altri attivisti M5S e impiegati del Comune di Roma.

Raggi ai pm ha detto era legata a Romeo da stima e militanza nel M5s.
Quanto invece al vicesindaco Daniele Frongia la sindaca avrebbe detto che il loro era un rapporto di amicizia che si era consolidato quando erano consiglieri comunali nella giunta Marino.


Da quanto emerso dalle indagini patrimoniali attivate dalla Procura di Roma, i soldi che Romeo investì nelle polizze erano di sua proprietà. Chi indaga ha ricostruito i flussi finanziari di Romeo a partire dal 2000 ed ha accertato che le somme investite erano di sua proprietà. Inoltre, alla luce della singolarità nella scelta dei beneficiari, i magistrati hanno effettuato una serie di audizioni tra i militanti per capire se si trattasse di un meccanismo legato ad una sorta di autofinanziamento. Tutti gli attivisti hanno dato risposta negativa.

 
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