Roma, la mossa di Grillo: stop a nomine e maxi-compensi

Roma, la mossa di Grillo: stop a nomine e maxi-compensi
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 19 Agosto 2016, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 16:34

Martedì, in Sardegna, c'è stata una cena a cui hanno partecipato Grillo e alcuni parlamentari romani del mini direttorio che vigila su Virginia Raggi. Sarà un caso, ma dal giorno dopo è stata innestata la retromarcia su nomine e maxi stipendi al Comune di Roma. «Beppe è molto preoccupato», dice un insider grillino, anche se oggi arriveranno smentite, tweet, difese d'ufficio, che stridono però con l'autocritica che dilaga in una parte non minoritaria della base, non proprio felice per i maxi stipendi distribuiti dalla Raggi (però il conto complessivo dovrebbe essere inferiore a quello dei predecessori). Un indizio su tutti: ieri le nuove nomine della giunta Raggi sono state rinviate. Meglio prendersi una settimana di riflessione.

SPESE
«Abbiamo vinto noi», ripete un consigliere comunale romano del Movimento 5 Stelle, favorevole alla linea del risparmio. «Ridurre le spese è sempre positivo», dice diplomatico ma sorridente il capogruppo grillino Paolo Ferrara. Il dibattito sui maxi stipendi distribuiti dalla Raggi ormai è allo scoperto e non viene più negato, come si faceva all'inizio, neppure dai pentastellati. Così ieri è successo qualcosa che spiega benissimo come in Campidoglio stiano pensando, magari controvoglia, alla marcia indietro, ai tagli dei compensi più criticati: la nuova infornata di nomine, dall'ufficio della comunicazione alla delegata per Ostia, è stata congelata. La giunta, con la Raggi tornata in tutta fretta delle vacanze, si è limitata a ratificare l'investitura di Stefano Bini, nuovo direttore generale di Ama (l'azienda dei rifiuti), chiamato a Roma dall'azienda municipalizzata di Voghera (Pavia). Certo, nella giunta di ieri non c'è stato neppure il provvedimento di taglio dei maxi stipendi che qualcuno aveva ipotizzato (in Campidoglio però avevano avvertito per tempo che non se ne sarebbe parlato). Ma è in quella direzione che si sta andando, come fa capire il capogruppo Ferrara, uscendo gongolante dal Campidoglio: «C'è una discussione interna, ma non c'è nessuna polemica. Dopodiché, ben vengano tutte le riduzioni, se risparmiamo ce n'è bisogno».
Perché si va verso il taglio dei maxi stipendi? Bisogna tornare indietro di qualche giorno, a martedì sera, e spostarsi in Sardegna. Qui Beppe Grillo va a cena con due componenti del mini direttorio che affianca la Raggi (se non rispetta le indicazioni rischia una multa da 150mila euro, stando al contratto che ha firmato prima delle elezioni). Sono i due parlamentari romani Stefano Vignaroli e Paola Taverna. Assicurano che non si è parlato di lavoro, ma solo di vacanze. Proviamo a crederci, però combinazione, dopo quel chiarimento tra Grillo e una parte del mini direttorio romano, arriva l'offensiva contro i maxi stipendi.

RIVOLTA
Il giorno successivo dal gruppo consigliare della Camera dei 5 stelle vengono alimentati i rumors su «un imminente taglio dei maxi compensi assegnati dalla Raggi ai nominati in Campidoglio»; ufficialmente si continua a dire che è colpa del Pd, dei giornalisti, delle scie chimiche, che non c'è nessuno spreco in Campidoglio, però poi sono i 5 Stelle stessi a far sapere che c'è una rivolta in corso nel gruppo consiliare, soprattutto contro la nomina di un attivista M5S come Salvatore Romeo, che da funzionario del Comune è stato scelto come capo della segreteria politica della Raggi, triplicandogli lo stipendio. Sotto attacco anche Andrea Mazzillo, preso per quasi 90 mila euro nello staff della sindaco, a cui si rimprovera un passato nel Pd. In ultimo - ma qui la sforbiciata sembra più complicata - resta il caso del capo di Gabinetto, la giudice Carla Raineri, che vola a 193 mila euro all'anno. In sintesi: tra rumors e mezze dichiarazioni, si inviano messaggi precisi alla Raggi, avvertimenti, in modo che comprenda che così non si può proseguire. «Il prossimo step - dice un insider del Movimento 5 Stelle - è il post di richiamo sul blog di Beppe Grillo, ma tutti vogliamo evitarlo perché rappresenterebbe un terremoto per la prima giunta a 5 Stelle della Capitale». E poi ci sono le preoccupazioni, serie, per gli esposti annunciati dalle minoranze, che potrebbero affondare alcune nomine che hanno aggirato la necessità di indire dei bandi pubblici o equiparato gli stipendi a quelli dei dirigenti. Eccoli, dunque i pezzi del puzzle che hanno portato al risultato di ieri. Congelate le nuove nomine, ripensamento in corso, presto si darà un segnale in controtendenza. «Come parlamentare io alla fine prendo 3mila euro al mese» spiega un 5 Stelle. Come dire: in Campidoglio forse Virginia Raggi deve applicare gli stessi principi di sobrietà.
 

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