Campidoglio, rinviata la vendita delle municipalizzate

Campidoglio, rinviata la vendita delle municipalizzate
di Fabio Rossi
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Martedì 6 Dicembre 2016, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 7 Dicembre, 13:03
I sospiri di sollievo, dopo i primi risultati del referendum di domenica, non sono scattati soltanto al Cnel. A vedere meno nubi al proprio orizzonte sono stati anche i dipendenti di diverse aziende del gruppo Roma Capitale: quelle società partecipate di secondo livello (che non forniscono servizi pubblici essenziali ai cittadini) per le quali il piano di riequilibrio triennale dei conti capitolini prevedeva la chiusura, o la cessione, entro il 31 dicembre di quest'anno. Uno dei primi effetti della bocciatura della riforma costituzionale, per Palazzo Senatorio, rischia di essere proprio l'annacquamento di ciò che resta dell'accordo siglato nel 2014 con il Governo, ai tempi del decreto Salva Roma.

GLI OBIETTIVI
Il patto prevedeva una riduzione della spesa corrente annua di 440 milioni, portata a casa nelle ultime tre manovre finanziarie dell'amministrazione comunale, ma anche una robusta sforbiciata alla holding - mai divenuta formalmente tale - del Campidoglio. La giunta di Virginia Raggi, in realtà, non ha mai mostrato particolare entusiasmo per questa parte dell'accordo con Palazzo Chigi, siglato ai tempi dell'amministrazione di Ignazio Marino, nonostante un primo tentativo di riforma delle partecipate avviato (ma non concretizzato) dall'ex assessore al bilancio Marcello Minenna. Con le dimissioni di Matteo Renzi, quindi, tutto potrebbe bloccarsi: anche se formalmente il piano è sempre in vigore, verrà però di fatto a mancare il controllo periodico del tavolo interistituzionale tra Governo e Comune, di cui si occupava il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti. La dismissione delle società, quindi, sarà quantomeno rinviata a data da destinarsi. Così come potrebbero aprirsi nuovi spazi di manovra anche sul fronte dei tagli alla spesa, per i quali Palazzo Senatorio era già intenzionato a chiedere alcune deroghe nell'ambito del nuovo Patto per Roma, in corso di definizione.

I DEBITI
I nuovi equilibri politici potrebbero produrre novità anche sul fronte dei debiti fuori bilancio, vera spada di Damocle sui conti capitolini. L'amministrazione, in questi mesi, sta caldeggiando un «ampliamento degli spazi di patto»: ossia ottenere l'autorizzazione, da parte del ministero dell'Economia, a sforare i vincoli di spesa previsti dal patto di stabilità per gli enti locali, potendo così investire i 220 milioni di euro necessari a coprire i debiti extra bilancio ancora non riconosciuti. Qui però c'è un problema di tempi: è ormai praticamente impossibile che il Mef possa dare il via libera per l'esercizio 2016, visto che mancano appena 25 giorni alla fine dell'anno. Lo scenario più probabile, a questo punto, è che l'assemblea capitolina rinvii al 2017 la delibera sul riconoscimento dei 220 milioni di buco, sperando in una linea morbida da parte del dicastero di via XX Settembre che, negli anni passati, ha sempre concesso all'amministrazione comunale di Roma gli spazi di patto richiesti.
 
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