Referendum, Raggi ora è senza avversari ma l'effetto-Virginia non c'è

Referendum, Raggi ora è senza avversari ma l'effetto-Virginia non c'è
di Simone Canettieri
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Lunedì 5 Dicembre 2016, 08:01
«La nostra rivoluzione non si ferma, a Roma e in Italia», twitta la sindaca Raggi, quando ormai la vittoria è realtà e Matteo Renzi ha annunciato le dimissioni, togliendo così l'ultimo ostacolo sulla strada della sindaca.
Il risultato di Roma lascia sul tappeto due dati: nella Capitale grillina non c'è stato un «effetto Virginia», il 59,45% di No è in linea con il trend nazionale, per la precisione è leggermente sotto (59,7%). Non solo: nella provincia di Roma i contrari alla riforma hanno toccato quota 61,78%, due punti in più rispetto al voto dell'Urbe. E nello specifico negli altri comuni dell'hinterland guidati dai pentastellati il fronte del No ha toccato vette ben più alte di quelle del Campidoglio. Qualche esempio: a Civitavecchia, sindaco Andrea Cozzolino, il 64,81%; a Pomezia, guidata da Fabio Fucci, addirittura il 72,98%. Nella lista si possono aggiungere anche le altre roccaforti grilline: Anzio (69,9%), Marino (65%) e Genzano (60,42%).

A conti fatti, dunque un effetto traino della Raggi sulla consultazione di ieri non c'è stato. Nonostante la sindaca si sia spesa tantissimo durante tutta la campagna elettorale. Prima la marcia con Grillo, poi la mozione per il No in Aula Giulio Cesare, la chiusura venerdì sera a Torino e poi ieri, giorno del voto. E del silenzio elettorale che Raggi ha violato sui social network postando la foto al seggio accompagnata da «#IoDicoNo e voi?». Una mossa foriera di polemiche soprattutto sui social network dove, oltre agli incoraggiamenti e i plausi, sono comparse anche tante critiche «per la mancanza di bon ton istituzionale» con tanto di paragone con l'altra big grillina, Chiara Appendino («Le urne rimarranno aperte fino alle 23. Ringrazio tutte le persone impegnate nelle operazioni elettorali. Buon voto a tutti», è stato il messaggio della sindaca di Torino). Schermaglie e polemiche travolte dal successo elettorale, che ora viene rivendicato in primis dal M5S dal Nord al Sud passando appunto per Roma. Dove l'esito del voto rafforza comunque l'inquilina del Campidoglio. La quale sei mesi dopo la conquista del Comune supera, seppur senza fuochi d'artificio, il primo vero test di governo, una sorta di elezioni di midterm per l'amministrazione a Cinque Stelle.

IL RAFFRONTO
Per quanto il raffronto sia il complesso c'è un altro dato da estrapolare: alle ultime comunali i candidati sindaco ascrivibili ora al fronte del No arrivarono al 66,55%. La somma cioè di Raggi (35,2%), Meloni (20,6%), Fassina (4,4%) e almeno il 4% di Forza Italia (che sosteneva Marchini), più il 2% toccato insieme dalle ali estreme, Casapound e Comunisti. Dall'altra parte, quella del Sì, ci fu allora solo il dem Giachetti, che prese il 24, 91% al primo turno, e poi il 32,8% al ballottaggio contro il 67,1% della Raggi. Un exploit che nella Capitale ieri non c'è stato, anche se i due appuntamenti sembrano, in apparenza, difficili da equiparare. Tra le conseguenze pratiche del voto c'è infine la partita di Palazzo Chigi vista dal Campidoglio. In questi sei mesi di governo l'esecutivo Cinque Stelle ha visto nel Governo Renzi un interlocutore comunque difficile vissuto più di una volta in maniera ostile. Da oggi sono destinati a cambiare gli interlocutori. E Raggi si troverà a bussare al Governo con maggiore forza, uscita rafforzata dal referendum nonostante se stessa.

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