Roma, lite della Raggi con Taverna: «Così o lascio»

Roma, lite della Raggi con Taverna: «Così o lascio»
di Simone Canettieri
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Venerdì 2 Settembre 2016, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 07:52

ROMA «Vai, pubblica». Sono le 4.45 di notte, le luci nell'ufficio di Virginia Raggi sono ancora accese, nemmeno un'ora e il sole spunterà da dietro ai Fori. Al primo piano del Campidoglio però si tira alle lunghe, è in corso bagnata dai caffè una riunione ristrettissima: ci sono, tra gli altri, Daniele Frongia, l'inseparabile braccio destro, e Raffaele Marra, il contestato vicecapo di gabinetto. Sono appunto le 4.45 quando la sindaca dà il via libera al suo portavoce: «Ok, Teo, pubblica il post sul mio profilo Facebook». L'ora è inusuale per chi frequenta i social e lo status che sta per essere condiviso non è uno come tanti: si parla della revoca della nomina del capo di gabinetto Carla Romana Raineri dopo lo stop dell'Anac (la notizia è già nota, in quanto anticipata da Il Messaggero).

LO SCONTRO
E' l'inizio di una giornata lunghissima, con pezzi da novanta della Capitale che si dimetteranno, saltando come tappi di lambrusco. Giudici e «professori», politici e manager. Raineri, e Marcello Minenna, il sindaco ombra, e poi i vertici di Atac e Ama. E' l'inizio di un nuovo corso, «la guerra d'indipendenza», ma anche di un isolamento che si fa plastico, per «Virginia». L'unico big che l'avvocato pentastellata incontra è la senatrice Paola Taverna, poco prima di pranzo. Il faccia a faccia, per chi conosce la Taverna e la sua proverbiale schiettezza, non è difficile da immaginare. In Comune si racconta di urla. «Ti stai facendo il vuoto intorno, Virginia. Stai danneggiando Roma e soprattutto il M5S. Ho parlato anche con Beppe. Queste sono due perdite gigantesche». La risposta della sindaca suona così, piatta e abbastanza impostata come ormai vuole apparire la grillina. «Rispetto la trasparenza e soprattutto le nomine dei miei collaboratori le faccio io. Altrimenti mi dimetto». Ecco, questo è un concetto che la Raggi farà trapelare anche durante la riunione di maggioranza allargata ad assessori e presidenti dei municipi.
 
LE MINACCE
Un'altra riunione anomala, «surreale». Le voci dello scontento sono rappresentate da Andrea Coia, consigliere comunale di primo pelo. Tacciono Marcello De Vito, il presidente del consiglio comunale, e Paolo Ferrara, il capogruppo. Bene, proprio Coia critica la sindaca e chiede che venga azzerato tutto lo staff, a partire proprio da Salvatore Romeo, il capo della segreteria politica, che da dipendente capitolino è stato premiato - in quanto militante - vedendosi triplicare lo stipendio («Invece noi dobbiamo mettere un tetto ai compensi fino a un massimo di 70mila euro»). La sindaca - che ufficialmente non metterà mai il naso fuori dal proprio ufficio per tutta la giornata - dirà, come riportano tanti consiglieri, che «d'ora in poi ci sarà maggiore condivisione nelle scelte», un linguaggio non proprio da nuovo corso politico. Ma allo stesso tempo ripete, anche in questa circostanza, che vuole le mani libere e persone fidate al suo fianco. Il riferimento è soprattutto al tandem Minenna-Raineri, ritenuto dal «Raggio magico» (che ha vinto la battaglia ma rischia di perdere la guerra) una sorta di microspia dei big del M5S all'interno del Comune. Un contropotere, insomma. Dietro le quinte si tenta un disperato tentativo di ricucitura con l'assessore al Bilancio, ma la sindaca alza lo scontro e fa circolare che «siamo già al lavoro per il sostituto del professore».
Arrivano fulmini nelle chat e silenzi pesanti - l'unico che lo romperà sarà Luigi Di Maio in tarda serata per una dichiarazione non proprio dirompente - e i grillini romani attaccano: «Dopo due mesi Virginia è già come Pizzarotti a Parma». Oppure: «Se continua così le togliamo il simbolo». Intanto la pagina Facebook della Raggi, quella del post quasi all'alba, inizia a essere riempita dalle critiche dei militanti per la prima volta. Per chi bazzica da un po' le maestose aule del Campidoglio sembra che il tempo si sia fermato: ancora un bunker, ancora un primo cittadino in trincea contro il proprio partito, ancora un teatrino della politica con il retroscena che supera ancora una volta la scena. Affidata per il momento alle parole un po' lunari e da prima repubblica di Daniele Frongia, l'unico a metterci la faccia davanti alle telecamere: «Cinque dimissioni in un giorno? Non è una crisi ma trasparenza». E' sera quando i commessi capitolini, che ne hanno viste parecchie, aprono le braccia. E' in corso un'altra riunione di maggioranza (presenti Gianluca Perilli e Paola Taverna per il mini direttorio), processano la sindaca. Urla e sbuffi dal primo piano («Ma noi che ci stiamo a fare? Non si può andare avanti così», chiedono i consiglieri a Virginia). Un commesso in portineria: «Me sa che famo l'alba pure sta volta».
 
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