Raggi blinda la Muraro: «Viene giù tutto». E ora chiede aiuto ai consiglieri

Raggi blinda la Muraro: «Viene giù tutto». E ora chiede aiuto ai consiglieri
di Simone Canettieri e Lorenzo De Cicco
3 Minuti di Lettura
Domenica 4 Settembre 2016, 09:08 - Ultimo aggiornamento: 09:38

ROMA Va evitata l'immagine della slavina. Della prima giunta M5S di Roma che «va in pezzi», tassello dopo tassello. Probabilmente, se non ci fossero state le dimissioni dell'assessore al Bilancio, Marcello Minenna, della capo di gabinetto, Carla Raineri, e dei vertici di Atac e Ama, la posizione di Paola Muraro, oggi, sarebbe diversa. Ma la raffica di defezioni che ha appena scombinato gli equilibri (e in parte l'immagine) dell'amministrazione di Virginia Raggi, ha convinto la sindaca a sposare la linea della prudenza. Almeno per il momento. Per non dare l'impressione, all'esterno, di un declino rapido e quasi inarrestabile.

«IL COLPO ARRIVERÀ»
Che il colpo sarebbe arrivato, del resto, a Palazzo Senatorio era cosa nota. C'è perfino chi ipotizza, nella cerchia più ristretta dei consiglieri di «Virginia», che la Muraro l'avesse addirittura avvisata delle indagini a suo carico. Non ieri, ma diverse settimane fa. Per prepararla e abbozzare insieme una strategia. «È solo questione di tempo, sapevamo che prima o poi la botta sarebbe arrivata e la notizia sarebbe diventata pubblica. Ora non dobbiamo sbagliare mossa», si sbottona un esponente del Movimento tra i più ascoltati dalla sindaca.

Fino a ieri notte, la linea che prevaleva nell'entourage della Raggi era quella attendista. Garantista, verrebbe da dire, applicando certi schemi della «vecchia politica» che poco piace ai grillini doc. Ma tant'è. «Leggiamo le carte», è il mantra da seguire in queste ore concitate. «Leggiamo le carte. Leggiamo i capi di accusa. Poi prendiamo una decisione». Con l'auspicio che l'azione della magistratura si possa far passare in qualche modo per un «atto d'ufficio». A quel punto, la Muraro resterebbe.

Vanno gestiti, però, i mal di pancia interni alla giunta. Dove nessuno, in questi primi 75 giorni di governo, è arrivato allo scontro frontale con la sindaca come il titolare del Bilancio, Minenna. Ma qualche frizione c'è stata. Ecco perché nei giorni scorsi la Raggi si è spesa in prima persona per serrare le fila. In vista di possibili nuove turbolenze sul fronte mediatico e giudiziario. «Gli attacchi saranno tanti, restiamo uniti», ha ripetuto ai membri della sua squadra, nei colloqui a quattrocchi e nelle telefonate. Anche per non dare l'impressione all'esterno, appunto, «che crolli tutto».

D'altronde già a fine luglio, quando ancora in tanti non avevano la certezza che la Muraro fosse indagata, c'è chi ha fatto emergere la sua insofferenza. Paolo Berdini, responsabile dell'Urbanistica, lo aveva detto pubblicamente: «Se dovessero indagare la Muraro, allora cambierebbe tutto, le sue dimissioni sarebbero un atto dovuto». Parole difficilmente fraintendibili. E che, se ripetute nelle prossime ore, metterebbero la prima cittadina in una posizione difficilissima: si può lasciar andare via un assessore perché un altro, indagato, non si dimette? Questo potrebbe spiegare forse perché proprio con Berdini, negli ultimi giorni, la sindaca si sia tenuta in contatto con una certa frequenza.

LE ACCUSE DI MINENNA
Sempre nella logica del compattare la squadra, ieri la Raggi ha annunciato maggiore collegialità nelle scelte per rimpiazzare Minenna e gli altri dimissionari. Ha deciso di coinvolgere anche i 29 consiglieri comunali M5S, una pattuglia piena di malpancisti. «Lavorare insieme è vincente!», ha scritto nella chat del gruppo consiliare. Riferendo poi di avere deciso di scorporare la delega del Bilancio da quella delle Società partecipate (entrambe in mano al dirigente Consob che ha lasciato). Proprio Minenna su Facebook è stato durissimo: «Ho percepito un deficit di trasparenza nella gestione della procedura di revoca del Capo di Gabinetto». In questi mesi, si sfoga Minenna, «ho anche respinto interferenze e compromessi al ribasso». Di sicuro al momento, avere una casella in più da riempire, non aiuta. A Palazzo Senatorio hanno già ricevuto diversi no.

C'è poi una questione ancora aperta. E che sembra diventata centrale nella faida M5S, sia a livello romano che nazionale. È il depotenziamento di Raffaele Marra, vicecapo di gabinetto già al centro di polemiche per i suoi passati incarichi con Alemanno e ora tirato in ballo nel caso della revoca della Raineri. Nonostante le pressioni, al momento la sindaca non molla. Così come su Salvatore Romeo, il capo segreteria. Ma la gestione del caso Muraro, potrebbe cambiare lo scenario.