Muraro e dintorni, le dimissioni mancate un errore pericoloso

di Paolo Graldi
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Venerdì 9 Settembre 2016, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 00:10
L’assessore Paola Muraro si dimette? Neanche per idea. No, almeno per adesso no. Ci stanno pensando, non hanno ancora deciso, fanno quadrato tra urla e silenzi, come nelle tragedie greche. Che l’assessora ai rifiuti resti al suo posto non è l’unica cosa incomprensibile nella tragicommedia della gestione del Campidoglio di Virginia Raggi ma per certo la più inspiegabile. Non per una ma almeno per quattro o cinque buone ragioni, che andranno dispiegate. Nella lunga e tormentata gestazione della Giunta il nome della Muraro venne presentato come la chiave di volta per risolvere l’emergenza rifiuti. 

Un calcio alle passate gestioni monopolistiche, ai magnati delle discariche, alle parentopoli del cassonetto, via i topi dalle fogne lussuosamente mantenuti dai ristoranti al centro e in periferia. Da qui le prime voci sulle consulenze, un milione, magari guadagnato ma indigesto per quelli del Movimento e ancor di più al tavolo del Direttorio romano, oggi in via di precipitoso scioglimento per ordine del capo supremo. Lasciare? Ecco la prima buona ragione: la Muraro è indagata, per faccende di rifiuti, forse anche per corruzione. Una bomba. Silenzi imbarazzati, smentite a mezza bocca, alzate di sopracciglia: come si permettono? E infatti nessuno ha parlato di reati commessi, semmai di ipotesi di reati, di iscrizione nell’albo degli indagati. Il tambureggiamento delle voci, comunque, è forte.

Onestà, onestà, onestà, sì ma dove? Davanti alla commissione parlamentare Ecomafie dove gli altarini vengono giù come castelli di carte fradice: Raggi ammette che dalla metà di luglio sapeva dell’iscrizione, dell’indagine, dello sguardo della Procura sulle carte dell’Ama e su quelle tenute dalla Muraro. Ecco la bugia, l’omissione, la mancata verità. Di più la Muraro con candore di un lenzuolo uscito dal bucato precisa che la cosa risale ad aprile, che ne ha parlato alla sindaca che ne ha parlato con il capo di gabinetto.

Seconda ragione: una verità che emerge dalle domande dei parlamentari che si comportano per legge come magistrati, scenari oscuri, gestione opaca di una assessora che dal primo istante s’era infilata la giacchetta d’ordinanza e s’era presentata agli uffici dell’Ama, per una ispezione tipo blitz della narcotici. Negli stessi uffici da dove era appena uscito, si potrebbe dire cacciato o auto dimissionato, Daniele Fortini, un fior di dirigente che in due anni aveva cercato con impegno e determinazione di mettere mano a quella mostruosa macchina. Un capitolo che andrà aggiornato e forse riscritto daccapo.

Terzo argomento. Lei, la Muraro, intanto, minaccia: se mi fanno arrabbiare dico tutto. E parla di fascicoli, faldoni, carte segrete. Non si è capito se alludesse anche ai contatti riservati, fin da giugno, con una ditta riconducibile al vero, autentico, temutissimo e pericoloso signore delle discariche (Malagrotta per citare la più grande e redditizia: una voragine di rifiuti versati, balle di miliardi incassati in decenni). Ma l’assessore dal fascino oscuro e forte di un patto d’acciaio con la sindaca si muove con determinazione mentre le prime e grosse avvisaglie di crisi inondando i giornali; dimissioni a catena dei primi assessori, di alti funzionari, valanghe di critiche per gli stipendi ma anche, caso di Marcello Minenna, primo assessore al bilancio, che se ne va sbattendo la porta senza dare spiegazioni. Una lacrima la sindaca se la concede ma resta a ciglio asciutto sulla Muraro: lei non si tocca.

Quarto argomento: la gaffe. Non cambia idea neanche quando, fuori-onda l’assessora si pente di aver detto la verità ai parlamentari dell’Ecomafia. Chissà, pensava che il silenzio se lo sarebbe mangiato il tempo. Errore. Errore blu, che si somma all’idea che l’aver incontrato le vecchie e assai discusse gestioni (Manlio Cerroni) magari per favorire la ripresa di attività di un mostruoso macchinario che divide, tritura e tratta i rifiuti, progetto ardimentoso e ad alto rischio, anche penale.

Quinto tema: una questione di trasparenza. Invocata quasi ruggendo l’onestà, la limpidità dei comportamenti la Muraro deve oggi spiegare come concilia un groviglio di vicende ancora da chiarire e comunque sotto la lente della legge con la permanenza a quel posto, con quale serenità, prima ancora con quale fermezza e determinazione, può accingersi a gestire la grande, vitale scommessa dei rifiuti a Roma? Non si può. Resistere oltre ogni utilità politica, alla fine, potrebbe apparire anche un modo di frapporsi alle indagini della Procura della Repubblica, ciò che non accadrebbe se si facesse da parte, disponendosi com’è suo dovere, al massimo della collaborazione.

Sesto tema: presunzione di innocenza. Se la Muraro non è colpevole, come deve essere pienamente considerata, esistono tutti gli strumenti per dimostrarlo e saremo i primi ad esserne lieti, in caso contrario avrà tutti gli strumenti per far valere le proprie ragioni senza pesare sull’amministrazione, l’organizzazione dell’assessorato, sui progetti di risanamento di quel mostro chiamato Ama.

Nubi nere all’orizzonte. La Muraro deve anche guardarsi da un’insidia più sottile e velenosa: insistere nel voler rimanere, nel cercare di trascinare la sindaca nel recinto della sua difesa politica ad oltranza potrebbe far nascere il sospetto che là sotto, sotto la montagna dei rifiuti di cui la Capitale vuole liberarsi, ci sia aria di ricatti. Chi non può restare, vada via. Lo stesso destino in poche ore ha prodotto un altro buco in Giunta con le dimissioni lampo dopo la nomina lampo dell’ex magistrato Raffaele De Dominicis. Anche lui era indagato e anche lui lo ha taciuto. Per poi urlare al complotto.

 
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