Marino, Renzi conferma la linea dura: se non lascia, nessun confronto

Matteo Renzi
di Marco Conti
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Mercoledì 28 Ottobre 2015, 03:43 - Ultimo aggiornamento: 08:41
«Prima le dimissioni e poi discutiamo». Ignazio Marino tempesta di telefonate palazzo Chigi chiamando a turno da giorni tutti i più stretti collaboratori di Matteo Renzi, ma la posizione del premier non cambia. Il presidente del Consiglio oggi è all'Avana, ultima tappa del viaggio in Sud America prima del rientro a Roma, ma voglia e tempo per telefonare al sindaco di Roma, oltre a quello di Mantova, non sembra trovarlo.



LAVORO

Ai suoi il premier ha ribadito la linea di sempre: «Niente ricatti, il percorso che abbiamo studiato per affrontare le emergenze della Capitale e il Giubileo resta lo stesso». Quindi, Marino renda effettive le sue dimissioni, senza colpi di testa, per permettere la nomina di un commissario che si occuperà della città sino alle elezioni di primavera. Ad un confronto con il sindaco di Roma il presidente del Consiglio e segretario del Pd non intende sottrarsi così come ad un riconoscimento pubblico sul lavoro fatto dal Marziano in due anni, ma tutto ciò potrà avvenire solo se Marino sgombererà il campo dagli equivoci rendendo effettive le sue dimissioni.



Al Nazareno sono convinti che alla fine Marino non cambierà idea anche perché i consiglieri del Pd hanno sottoscritto un documento che di fatto sfiducia il sindaco. Matteo Orfini, commissario del partito romano, è tra i più convinti che il percorso di uscita del sindaco non subirà scossoni. D'altra parte su questo Orfini si sta giocando la faccia e Renzi sulle vicende interne al Pd romano non intende entrare più di tanto anche se non tutti, come il presidente della regione Nicola Zingaretti, hanno condiviso la proroga di un anno dell'incarico di commissario ad Orfini decisa dalla direzione del Pd. In un partito, quale il Pd romano, dove si ”gioca” al tutti contro tutti, Marino ripone molte delle sue cartucce che rendono la sua decisione ancor più pesante.



I consiglieri del Pd infatti condividono la necessità che Marino si faccia da parte, ma sono spaccati sulle modalità e per ora l'ipotesi delle dimissioni in massa resta la più gettonata anche se i 19 del Pd non bastano.



Comunque sia, Renzi continua a non vedere alternative alle dimissioni di Marino ed è non poco irritato per il balletto che il sindaco alimenta mentre la Capitale sprofonda in un mare di problemi e il Giubileo è ormai alle porte. Gli eventuali onori delle armi che palazzo Chigi potrebbe riconoscere alla giunta Marino sono quindi subordinati alla definitiva uscita del sindaco. Qualora invece decidesse di ritirare le dimissioni, come ieri sera veniva dato per probabile, si aprirebbe uno scenario completamente diverso nei rapporti del sindaco con quello che diventerebbe il suo ex partito.



Dopo i proclami di domenica da piazza del Campidoglio per Marino diventa difficile tornare indietro e deludere i suoi supporter. Andare avanti significa però schiantarsi comunque e rompere del tutto i rapporti con il Pd già molto rarefatti. Resta il fatto che in queste ore al Nazareno sono in molti a chiedere a Renzi di intervenire per evitare che Marino si faccia ”esplodere” in piazza del Campidoglio mandando sotto le macerie il gruppo consiliare del Pd del Campidoglio e le residue ed esili possibilità di vittoria alle amministrative di primavera.

«L'arroccamento senza sbocco» di Marino, di cui parla l'assessore dimissionario nonché deputato del Pd Marco Causi, rischia però di fermare la strategia del presidente del Consiglio, di mandare in soffitta anche la costituzione del ”dream team” e far svanire anche ogni possibilità di vittoria a primavera.