LA RIUNIONE
Marino in queste ore è circondato. In consiglio comunale, ma anche in giunta. Prova ne è la pedonalizzazione dei Fori: la delibera ieri mattina non è passata, diversi assessori (Causi, Pucci e Rossi Doria) hanno espresso più di un dubbio. La pratica è rinviata a oggi. Una volta incassato il sì (annacquato) sui Fori, Marino potrebbe procedere con il grande gesto: ritirare le dimissioni per intervenire in Aula e spiegare la situazione. Oppure chiedere al presidente del Consiglio comunale Valeria Baglio di convocare l'assemblea capitolina questa settimana, prima della deadline, per dire la «mia verità» e dar seguito a quel «non vi deluderò» promesso domenica ai fan sotto il Campidoglio. In questa occasione potrebbe annunciare il passo indietro che lo rimetterebbe in carreggiata con pieni poteri, per poter partecipare il 5 novembre all'inizio del processo di Mafia Capitale. Dopo la passerella potrebbe arrivare il benservito del Pd: o attraverso le dimissioni di massa della maggioranza dei consiglieri o con la sfiducia. Orfini però è stato chiaro: Ignazio non andrai al processo come sindaco di Roma. Ecco perché le parti sono distanti. Un muro contro muro che lascia aperti tutti gli scenari. Quello più probabile rimane il ritiro delle dimissioni entro il 2 novembre, così come ha fatto capire Marino.
Il vertice che doveva sbloccare l'empasse in cui è finita la Capitale di fatto ha solo cristallizzato le posizioni. Nonostante un incontro preparatorio in mattinata, in un hotel del centro, tra i due torinesi, ex amici e ora su fronti opposti: Tricarico ed Esposito.
Nel pomeriggio il caminetto a casa di Causi, zona Ostiense. Un match tra Marino e il Pd (Orfini), entrambi accompagnati dai “secondi” pronti a intervenire. Tra sigarette fumate senza pietà, quelle di Sabella ed Esposito più volte avvistati dai fotografi in finestra, succhi di frutta per allentare la tensione, la riunione non ha prodotto altro che non sia stato «un primo chiarimento politico». Terminato senza brindisi, nonostante Causi verso le 22 ai cronisti assiepati davanti il cancelletto di casa sua abbia detto un po' per scherzo: «Abbiamo bevuto un ottimo Chardonnay delle Langhe e adesso stiamo per prepararci un buon primo piatto di spaghetti alle sarde alla palermitana». Marino lasciando l'appartamento si è limitato a ribadire quanto dice da tempo per tenere sulle corde il Pd: «Come ho detto nei giorni scorsi sto riflettendo».
IL PUNTO DI CADUTA
Le posizioni rimangono rigide anche perché mentre era in corso la riunione Matteo Renzi da Cuba ha mandato al chirurgo dem un messaggio chiaro: nessuna trattativa per la resa, con me parlerai, se lo vorrai, solo quando sarai un ex sindaco. Una linea che spinge Marino ad andare «fino in fondo» per spiegare alla città, a favor di telecamera, il perché di questa caduta. Magari a pochi di distanza dall'inizio del processo di Mafia Capitale: «Per me è importantissimo essere in Tribunale e rappresentare il Comune: lo farò». Il Pd sa che questa mossa sarebbe micidiale e che Marino uscirebbe ancora più rafforzato dall'aula bunker e allora si studiano gli scenari e le soluzioni possibili per non arrivare a questo punto. Ieri intanto, come ha detto Sabella, «è finita 0-0». Ma era solo il match d'andata.