Marino e l'onore delle armi. Ma Renzi: nessuna trattativa

Matteo Renzi
di Marco Conti
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Martedì 27 Ottobre 2015, 03:44 - Ultimo aggiornamento: 08:46
Diciannove firme di consiglieri comunali del Pd pronti a sfiduciare Ignazio Marino. Un muro difficile da ignorare per tutti ma non per il sindaco che non ha più i numeri in consiglio e non ha nemmeno più Trenitalia e Cotral in Metrebus. Mentre i servizi per i cittadini si dissolvono come neve al sole, Marino continua a sfogliare la margherita e aspetta il rientro dal Sud America di Matteo Renzi prima di decidere se ritirare o meno le dimissioni e convocare quel consiglio comunale che ormai chiedono tutti.



RIMPASTO

Azzerati tutti gli interlocutori con palazzo Chigi, mentre con la renziana Lorenza Bonaccorsi è stata avvistata ieri alla Pisana in cerca di un'exit strategy, il sindaco si aspetta da Renzi un segnale che lo conforti sul suo futuro politico. Sulla voglia del presidente del Consiglio di incontrare il sindaco sono in pochi a scommettere a palazzo Chigi. Anche perché la richiesta di un posto al governo, che avrebbe avanzato lo stesso Marino prima dell'ultimo rimpasto di giunta, sarebbe in questo momento ancora più difficile da esaudire. Ciò non toglie che Renzi è pronto, dopo che le dimissioni saranno effettive, e quindi dal 3 novembre, a riconoscere all'ormai ex sindaco il lavoro svolto nei due anni di governo della città. «Se Marino vuole parlare col Pd c'è il commissario Orfini», ripetono dal Nazareno. E anche i consiglieri del Pd guardano a palazzo Chigi nella speranza che dal cilindro renziano esca una soluzione che eviti al Pd romano di votare la sfiducia insieme alla destra e al M5S.



Arroccato, con un numero di fedelissimi sempre più esiguo, il destino di Marino tiene con il fiato sospeso solo qualche funzionario di banca che ha concesso mutui confidando sull'intera legislatura. Sul come sbarazzarsi del Marziano le differenze però restano. Ieri un equivoco ha provato a spazzarlo via il commissario romano Matteo Orfini presentando un documento sottoscritto da diciannove consiglieri comunali del Pd che di fatto sembra chiudere la partita. Sull'esito finale dello scontro sono però in pochi a voler scommettere.



Senza la maggioranza che sinora ha votato i suoi provvedimenti un presidente del Consiglio o un sindaco lascerebbero senza esitazione senza farsi sfiduciare in aula. Marino è invece convinto che il migliaio di supporter di domenica scorsa siano sufficienti a rinverdire i fasti del 2013 e che la presenza in piazza di un pezzo della sinistra del Pd e di esponenti di Sel siano una buona base di partenza per organizzare una sorta di partito pronto a candidarlo di nuovo alle amministrative di primavera.

Renzi, che da ieri ha messo in pista anche la presidente regionale del partito Lorenza Bonaccorsi, non sottovaluta l'istinto di conservazione della cinquantina di consiglieri comunali. I distinguo in casa Pd («non voteremo mai con la destra») possono fare un po' sorridere se si pensa ai rapporti del Pd romano con la giunta Alemanno, ma sono sufficienti per far scattare qualche campanello d'allarme sulla reale volontà di dimettersi dei diciannove consiglieri. Un'aria simile si respira a destra e tra i Radicali mentre gli unici pronti a fare qualunque cosa pur di tornare al voto subito sono i quattro consiglieri comunali pentastellati.



SEGRETE

Renzi intende però tirare diritto per «sgomberare Roma dalle macerie» come qualche settimana fa chiedeva l'Osservatore Romano, ed è convinto che alla fine Marino confermerà le sue dimissioni. Di trattative «nelle segrete stanze» il presidente del Consiglio non vuol sentir parlare. «Se poi Marino deciderà di andare avanti anche a dispetto del suo consiglio - sostiene il renziano Michele Anzaldi - se ne assumerà tutte le responsabilità». E magari il Pd romano scamperà il voto a primavera.