Mafia capitale, «Marino non rimosse i manager di Alemanno»

Mafia capitale, «Marino non rimosse i manager di Alemanno»
di Sara Menafra
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Sabato 21 Novembre 2015, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 9 Novembre, 11:43

L'accusa di “continuità” è il punto più delicato e controverso della relazione della commissione dei prefetti che hanno rovistato nei cassetti della capitale dopo la prima tornata di arresti per Mafia capitale, quasi un anno fa. L'ex sindaco Ignazio Marino, ieri, si è affrettato a smentirla rendendo pubblica la lunga lettera che inviò al prefetto Gabrielli a giugno scorso, subito dopo che il documento era stato ultimato e consegnato a palazzo Valentini, spiegando quanto la sua amministrazione si fosse dedicata a rompere il legame tra il passato e il presente anche chiedendo al Mef «un'urgente verifica contabile dell'Ente».

I DIRIGENTI

Eppure, sono molti i punti nella relazione che insistono sulle scelte che hanno mostrato la «mancanza di una soluzione di continuità» tra l'amministrazione Alemanno e quella guidata da Ignazio Marino, almeno dal punto di vista delle prassi adottate e sebbene i profili dei due sindaci siano stati diversi tra loro (il primo rischia di andare a giudizio per corruzione). Al di là delle relazioni opache, dunque, secondo i commissari il nuovo sindaco dopo l'insediamento non si è preoccupato sufficientemente di rimuovere i dirigenti apicali. E' il caso, scrivono, di Liborio Iudicello rimasto alla Segreteria generale fino alla scorsa estate. «Parlando di continuità che travalica i mutamenti di giunta, non può non spendersi qualche parola sulla scelta, compiuta dal Sindaco Marino all'atto dell'insediamento, di confermare nell'incarico di Segretario Generale e Direttore generale il dottor Liborio Iudicello», si legge nel documento.

Effettivamente, Iudicello, mai indagato, è rimasto al suo posto fino all'indomani dell'arrivo della relazione prefettizia sul tavolo del prefetto Franco Gabrielli.

Il 10 giugno, accompagnato dai rumors sulle accuse contenute nel documento, ha deciso invece di lasciare l'incarico. «Lascia perplessi - è il giudizio dei prefetti - che il nuovo Sindaco, insediatosi sotto l'insegna programmatica di una proclamata discontinuità rispetto al passato anche, se non soprattutto, nel funzionamento della “macchina” amministrativa, abbia garantito una continuità d'azione proprio a colui che aveva rappresentato il vertice della struttura capitolina per tutta l'era Alemanno».

GLI ALTRI FUNZIONARI

Il documento prefettizio contiene accuse circostanziate anche ad alcuni dirigenti mai sfiorati dall'inchiesta ma rintracciati in più circostanze al fianco dei principali indagati. Nel mirino sembrano esserci i collaboratori di Claudio Turella, responsabile del Servizio giardini, indagato, che nelle sue mani aveva accumulato «la doppia funzione di responsabile unico del procedimento, veste nella quale soprintendeva alla fase genetica e quella di direttore dell'esecuzione, veste nella quale verificava la regolare esecuzione del contratto». E anche qui, insistono i commissari, la prassi è rimasta a lungo immutata: «La mancanza di una sostanziale soluzione di continuità nella gestione del rapporto con le cooperative sociali facenti capo al Buzzi, fra periodo ante e post giugno 2013, con piena responsabilità dei vertici amministrativi, non si apprezza solo nel momento “genetico” dei contratti di appalto, ma anche nella fase esecutiva».

Tra i capitoli che la procura potrebbe aprire dopo aver letto la relazione Magno, anche quello degli appalti per la gestione di canili e gattili comunali. Secondo i commissari, i dati e le audizioni di alcune associazioni attualmente destinatari dell'affidamento dimostrano «l'esistenza di una strategia posta in essere da Buzzi per entrare nel lucroso mercato della gestione dei canili municipali, strategia interrotta solo dal suo arresto».