FI, Bertolaso a un passo dal ritiro: c'è la carta Meloni

FI, Bertolaso a un passo dal ritiro: c'è la carta Meloni
di Simone Canettieri ed Emilio Pucci
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Giovedì 21 Aprile 2016, 10:27 - Ultimo aggiornamento: 12:26

ROMA - «Ognuno deve fare un passo indietro, mica solo io». Berlusconi ha deciso di virare sulla Meloni. Ma con dei paletti chiari: «Gli alleati devono sottoscrivere nero su bianco che sono il leader della coalizione». In concreto Fratelli d'Italia e Lega devono aprire sulla lista unica del centrodestra (proposta di Brunetta), oppure su una federazione con il riconoscimento del ruolo del Cavaliere in qualità di presidenza. E lasciare a FI le candidature di Torino e Napoli. Insomma il passaggio da Bertolaso all'ex vicepresidente della Camera non può avvenire con un tratto di penna. «Azzeriamo ogni trattativa. O si creano le condizioni o sono pronto a far saltare tutto», avverte Berlusconi a fine giornata, mentre Guido Bertolaso lo raggiungeva a palazzo Grazioli per l'ultimo, forse più faticoso vertice, di questa interminabile giornata.

OTTOVOLANTE
Tra strappi e contromosse il centrodestra resta ancora sull'ottovolante. FI, nel frattempo, è tornata a dividersi tra filo Meloni e pro Marchini. L'epilogo, a meno di altri colpi di scena, porta alla convergenza sulla prima ma saranno necessari altri step. Il primo dei quali un incontro tra l'ex premier e la presidente Fdi che ieri sera è saltato e oggi in programma per la mattinata. Il rapporto tra l'ex premier e Salvini invece è ancora teso, i due si sono sentiti al telefono e il leader del Carroccio si è rifiutato di correre a Roma per siglare l'accordo definitivo.

E soprattutto di prestarsi ad operazioni targate FI. Ovvero se gli azzurri vogliono aggregarsi alla Lega sulla Meloni sono liberi di farlo, ma niente patti o ricompense. Da qui il nuovo gelo in serata, anche se i pontieri sono fiduciosi in una fumata bianca oggi, prima dell'apertura ufficiale della campagna elettorale della presidente Fdi. L'altra notte hanno varcato i portoni di palazzo Grazioli i due capigruppo, Romani e Brunetta, Gasparri, Matteoli e Tajani. «Il partito così scompare o c'è una svolta oppure non teniamo più i nostri, non possiamo rischiare di perdere tutto», il grido d'allarme dei presenti. L'ex premier prende nota, dapprima insiste su Bertolaso, «è lui la mia scelta, devo mantenere la parola data», poi capisce che c'è poco da fare. «Ma – premette – non posso dire sì se non fanno anche loro dei passi avanti. Così ci leghiamo mani e piedi alla Lega. E' stata la Meloni a combinare questo pasticcio, sarebbe un autogol da parte nostra sostenerla». Cominciano allora i tempi supplementari della partita. Tra stop and go si arriva al pressing su Bertolaso con Fdi e Lega che gli offrono la poltrona di vice sindaco e il Cavaliere che ipotizza l'incarico di coordinatore del partito o di capolista.

IL MONITO DI WEBER
A spingere per una riconferma su Bertolaso è tuttavia il cerchio magico e pure una parte del partito che mal digerisce l'accordo con Salvini. L'ala moderata di FI ha portato a palazzo Grazioli il presidente del Ppe, Manfred Weber, che pur ribadendo il timore di un bipolarismo Pd-M5S ha ricordato all'ex premier la diversa collocazione in Europa della Lega: «Noi non c'entriamo con i lepenisti». «E' una strada sbagliata», è tornato ad insistere chi intende sottrarsi dall'abbraccio con Meloni e Salvini, «se cedi ora dovrai farlo anche in futuro».

Ma la bilancia propende per la Meloni e l'ufficio di presidenza di FI convocato per le 11 dovrebbe portare al cambio di cavallo in corsa. Il Carroccio che nel frattempo ha pronta la lista (nessun consigliere uscente) insiste affinché si faccia presto. Il percorso è iniziato, ora occorre capire se l'ex premier intenda fare l'ultimo miglio.

Alfio Marchini, assicura chi l'ha sentito, intanto va avanti con la sua candidatura, forte dei sondaggi in crescita che lo danno tra il 13 e il 15%. «Bertolaso può decidere da solo», rende omaggio all'avversario in difficoltà, «gli si manca di rispetto trattandolo come un pupazzo e sarà lui a decidere che cosa fare». La convinzione dell'entourage di Marchini è che se Berlusconi punta sulla Meloni (ieri è stato chiamato da Tajani e Bergamini), la sua candidatura civica si rafforzerà ulteriormente, dal momento che alla già larga parte di elettori che non vuole andare a destra, ora si sommeranno quelli moderati orfani di Bertolaso.