Campidoglio, sei mesi per vendere 30 società

Campidoglio, sei mesi per vendere 30 società
di Fabio Rossi
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Domenica 21 Agosto 2016, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 23:33
Una trentina di partecipate in vendita (quelle che non offrono servizi pubblici ai cittadini) entro fine anno, obbligo di nominare un amministratore unico in tutte le società del gruppo Roma Capitale (tagliando costi e poltrone), una centrale degli acquisti per tutte le aziende. È un piano ad ampio raggio, quello che l'assessore al bilancio Marcello Minenna porterà in giunta mercoledì prossimo, per avviare la tanto attesa riforma delle municipalizzate capitoline (escluse quelle quotate in borsa): un arcipelago da quasi 40 mila dipendenti, che negli ultimi anni ha inghiottito centinaia di milioni di risorse dell'amministrazione comunale. Le linee guida della giunta a Cinque stelle saranno quindi rivolte a eliminare gli sprechi e a concentrare le energie sui servizi essenziali per la vita dei romani, a partire da trasporti e rifiuti.

LA RIFORMA
A dare il via alla riforma delle governance delle aziende è stata l'approvazione del decreto legislativo sul riordino delle partecipate, promosso dal ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, che si prefigge proprio l'intento di sfoltire la giungla di società proliferate in questi anni negli enti locali: spesso scatole vuote, create soltanto per garantire poltrone e assunzioni clientelari. Nella Capitale, poi, c'è da portare a termine anche il piano di riequilibrio triennale dei conti che, oltre a 440 milioni di tagli alla spesa corrente, prevede proprio una profonda razionalizzazione della holding capitolina. D'altronde anche i revisori dei conti dell'Oref, nella relazione sull'assestamento di bilancio di luglio, avevano prescritto all'amministrazione capitolina «il rispetto del piano di riequilibrio», per il quale «appare indispensabile la dismissione» delle partecipate di secondo livello e «la razionalizzazione delle società rientranti nel perimetro di Roma Capitale». Domani a Palazzo Senatorio è in programma l'ultimo vertice sul tema, al quale dovrebbe partecipare anche Virginia Raggi. Poi, mercoledì, i primi punti del piano arriveranno all'attenzione della giunta.

I PUNTI
Secondo la legge nazionale appena approvata, entro sei mesi gli enti locali e le altre amministrazioni pubbliche dovranno presentare i piani di razionalizzazione nei quali dovranno essere indicate le partecipazioni che dovranno essere dismesse o liquidate. Tutte le società considerate «fuori regola», a partire da quelle senza dipendenti, in perdita costante o con fatturati inferiori a 500 mila euro, dovranno essere dismesse. L'elenco delle società in vendita sarà preparato nelle prossime settimane. Ma lunga sarà anche la lista dei pacchetti azionari da cedere sul mercato. Verosimilmente l'Ama, per esempio, dovrà dismettere le partecipazioni in Roma Multiservizi, Fondazione Insieme per Roma, Cisterna ambiente, Centro sviluppo materiali, Polo tecnologico industriale romano e Assicurazioni di Roma.

L'Atac dovrà cedere i sui pacchetti azionari di Trambus open, Bravobus, Sms Sicurezza mobilità, Consel Scarl, Banca Etica, Bcc Roma, Polo tecnologico industriale romano, Officina grandi riparazioni, Atac Patrimonio e Assicurazioni di Roma. Meno lunga la lista della spesa per Risorse per Roma che, oltre a ridefinire il contratto di servizio con l'amministrazione capitolina, dovrà vendere la sua quota di partecipazione in Alta Roma. Per Zètema, invece, sarà valutata la fusione con l'azienda speciale Palaexpo e l'istituzione Sistema delle Biblioteche centri culturali.
 
Per Aequa Roma è previsto un nuovo contratto di servizio, valido per tre anni, con la possibilità di attribuire all'azienda il servizio di riscossione del Comune. Palazzo Senatorio dovrà poi cedere le proprie quote in altre società: Aeroporti di Roma (dove detiene l'1,3 per cento del pacchetto azionario), Centro agroalimentare romano (28,3 per cento), Centro ingrosso fiori (8,8), Centrale del Latte (6,7) ed Eur spa, dove l'amministrazione comunale possiede il 10 per cento, mentre il restante 90 è di proprietà del ministero dell'Economia.
 
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